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Donald Trump Presidente USA

Hamas apre al piano Usa. Trump: “Siamo vicini alla pace”, ma restano nodi cruciali

Oggi i negoziati al Cairo sul piano Usa. Idf: "Stop operazioni", ma la Protezione civile denuncia attacchi nella notte. Tajani: "26 italiani della Flotilla rientrano in Italia"
domenica, 5 Ottobre 2025
2 minuti di lettura

Una giornata segnata da annunci e caute speranze: ieri Hamas ha dichiarato di accettare alcuni punti fondamentali del piano statunitense per la fine della guerra a Gaza, in particolare il rilascio degli ostaggi israeliani. Restano tuttavia nodi irrisolti, dal disarmo alla presenza di una forza internazionale nella Striscia, che potrebbero complicare i negoziati previsti per oggi al Cairo.

Poche ore dopo la dichiarazione di Hamas, Donald Trump ha accolto con favore la notizia, ordinando a Israele di cessare i bombardamenti e parlando di una possibile “pace duratura”. “Israele deve fermare immediatamente le operazioni per permettere la liberazione sicura degli ostaggi”, ha scritto il presidente americano sul suo social Truth.

Nel comunicato diffuso in serata, il movimento islamista si è detto pronto a rilasciare tutti gli ostaggi, vivi e deceduti, “secondo il meccanismo di scambio previsto dal documento Trump”. Hamas ha inoltre espresso disponibilità a trasferire il controllo della Striscia a un ente palestinese sostenuto da paesi arabi e islamici, pur rivendicando un ruolo nella fase successiva alla guerra. Un’ipotesi che appare difficilmente accettabile per Israele e per la stessa amministrazione americana.

Il testo non menziona invece due punti centrali del piano: il disarmo delle milizie e la creazione di una forza internazionale di monitoraggio. “Le questioni sul futuro della Striscia e sui diritti del popolo palestinese saranno discusse all’interno di un quadro nazionale palestinese globale”, si legge nella nota. Oggi la capitale egiziana ospiterà i primi colloqui ufficiali sul piano Usa.

Resta da verificare se la fragile apertura di Hamas potrà trasformarsi in un accordo strutturato. Per ora, tra dichiarazioni e bombardamenti che non cessano del tutto, la pace resta solo una possibilità da afferrare con decisione. Da parte sua il Forum delle famiglie degli ostaggi ha accolto con favore l’intervento di Trump, chiedendo a Netanyahu di avviare negoziati rapidi ed efficaci. “È essenziale fermare subito la guerra per prevenire danni irreversibili agli ostaggi”, si legge nella nota.

Israele tra pressioni e cautele

Da Gerusalemme non sono arrivate conferme ufficiali, ma i media israeliani descrivono la risposta di Hamas come evasiva e incompleta. Fonti vicine a Netanyahu, citate da Channel 12, parlano di una valutazione “principalmente negativa” ma riconoscono che il premier “asseconda” gli sforzi di Trump, non vedendo al momento alternative. Nella notte Netanyahu ha convocato una riunione d’emergenza con i responsabili della sicurezza e alcuni ministri chiave, escludendo le figure più oltranziste come Ben Gvir e Smotrich, contrarie a qualsiasi cessate il fuoco. Intanto l’esercito israeliano ha ricevuto ordine di sospendere le offensive a Gaza e limitarsi a manovre difensive. Tuttavia, fonti della protezione civile della Striscia denunciano che i raid notturni non si sono fermati: almeno venti morti e diverse abitazioni distrutte tra Gaza City e Khan Yunis.

Reazioni internazionali

La Casa Bianca ha parlato di un passo avanti storico. Trump ha ringraziato Qatar, Egitto, Arabia Saudita e Turchia per la mediazione: “Tutti uniti per la fine della guerra, siamo vicini a questo obiettivo”. Anche l’Onu ha espresso cauto ottimismo. Il segretario generale Guterres ha definito “incoraggiante” l’apertura di Hamas, invitando le parti a cogliere l’occasione. Il Qatar ha ribadito il proprio impegno al fianco di Washington e del Cairo per facilitare l’attuazione del piano.

In Europa, Ursula von der Leyen ha sottolineato che “un cessate il fuoco immediato e il rilascio degli ostaggi sono a portata di mano” e ha ribadito il sostegno alla soluzione dei due Stati. Giorgia Meloni ha parlato di “un’occasione che non va sprecata, richiede l’impegno di tutti”. Dal Patriarcato latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa ha definito gli sviluppi “una prima pagina positiva, un passo atteso da tempo”, pur ricordando che “la fine della guerra non coincide con l’inizio della pace, ma è il presupposto per costruirla”.

La crisi della Flottilla

Sul fronte umanitario resta aperta la vicenda della Global Sumud Flotilla, abbordata nei giorni scorsi dalla marina israeliana. Le 41 imbarcazioni dirette a Gaza sono state sequestrate in acque internazionali, con l’arresto di 473 volontari. Tra questi oltre 40 italiani, poi trasferiti nei centri di detenzione nel Negev. Ieri un charter con 137 attivisti espulsi, tra cui 26 italiani, è atterrato a Istanbul. I parlamentari italiani presenti a bordo delle navi sono stati rilasciati senza conseguenze. Non sono mancate le polemiche dopo le parole del ministro israeliano Ben Gvir, che ha definito gli attivisti “terroristi”.

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