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Manifestazione Nazionale contro il Genocidio a Gaza

“Piazze piene, urne vuote”, giusta la solidarietà ma le priorità degli italiani sono altre

Alla fine sono i consensi - e non i cortei - a misurare la distanza tra la politica che vede solo la protesta e il Paese reale che chiede e pretende risposte concrete
domenica, 5 Ottobre 2025
2 minuti di lettura

Il rischio di una mobilitazione scollegata dai reali problemi dei cittadini provoca illusioni e radicalismi pericolosi

Piazze piene, urne vuote”, una frase entrata nella storia politica italiana, pronunciata da Pietro Nenni all’indomani delle elezioni del 18 aprile 1948. Da allora è diventata un monito ricorrente, utile a raffreddare gli entusiasmi nei momenti in cui la mobilitazione popolare sembra dare l’illusione di un consenso diffuso e consolidato. Oggi più che mai, quelle parole tornano d’attualità.

Scioperi e piazze, ma le priorità restano altre

Il centrosinistra, galvanizzato dalla recente partecipazione allo sciopero generale “pro Gaza” indetto dai sindacati di base insieme alla Cgil, sembra voler leggere in quelle manifestazioni un segnale di forza, di coesione e di ritrovata capacità di mobilitazione. Il sostegno compatto dei partiti del cosiddetto “Campo largo” alla protesta secondo i leader politici del Centrosinistra è un nuovo motivo per marcare un terreno identitario e valoriale. Ma al di là del clamore di piazza, resta da chiedersi quanto queste mobilitazioni intercettino davvero le priorità e i bisogni reali degli italiani. A nostro giudizio poco o nulla.

Solidarietà e guai dei cittadini

Un interrogativo importante se si vuole rimanere con i piedi per terra. La solidarietà verso i popoli colpiti da guerre e violenze è un dovere morale. Con la Discussione seguiamo quotidianamente e da anni le cronache delle guerre, assolvendo in pieno al nostro compito di informare e rendere conto delle sofferenze delle popolazioni vittime di violenze e orrori delle guerre.

Il Paese reale chiede risposte

Ma poi c’è un Paese reale, una Italia che fa i conti con i rincari, le liste d’attesa in sanità, la precarietà del lavoro e la crisi demografica. Il sentimento dominante dei cittadini (che pure hanno a cuore le disgrazie altrui) è un altro: quello dell’incertezza e della disillusione. E sono proprio questi i temi che oggi incidono concretamente sulla vita delle persone e nelle scelte politiche.

La sanità pubblica, ad esempio, affronta una crisi silenziosa ma profonda, in una Nazione che invecchia e dove il Servizio sanitario nazionale fa fatica a sostenere il suo ruolo di sistema sanitario generalista aperto a tutti. Le imprese, dal canto loro, segnalano da tempo una cronica carenza di manodopera, mentre i consumi – secondo i dati di Confcommercio e Confesercenti – restano al palo, riflesso delle difficoltà economiche delle fasce più fragili della popolazione. Abbiano da sistemare le autostrade che per gli autotrasportatori e per chi è costretto a percorrerle sono diventate in alcune tratte un incubo per i cantieri e ritardi di percorrenza. Le Federazioni degli autotrasportatori sottolineano quotidianamente problemi e gravi disagi, tali da mettere in pericolo le stesse attività.
Confindustria, a sua volta, rileva come la ripresa economica sia ben al di sotto delle aspettative, con una crescita debole e poco strutturale. Il recente quadro tracciato dall’Istat conferma questo scenario, restituendo l’immagine di un’Italia affaticata e sempre più polarizzata tra chi riesce a resistere e chi è costretto ad arrancare.

La protesta e le urne vuote

In questo contesto, le piazze a sostegno della popolazione di Gaza, rischiano di essere l’espressione di un impegno civile sincero, ma scollegato dalle urgenze quotidiane del Paese. Il rischio è quello di una politica che rincorre l’emotività senza riuscire a tradurla in risultati concreti per i cittadini. Mobilitarsi è importante, ma lo è altrettanto – se non di più – costruire un’agenda condivisa delle priorità da affrontare: dalla sanità al lavoro, dalla formazione alla natalità, fino al sostegno alle imprese che creano occupazione. Queste emergenze non sono più rinviabili e i partiti dovrebbero saperlo.

La politica dia risposte

Sui temi appena elencati è necessaria quindi una riflessione profonda, soprattutto da parte dei partiti che aspirano a rappresentare una larga fetta della società. Continuare a leggere la partecipazione di piazza come cartina al tornasole del consenso politico-elettorale potrebbe rivelarsi un’illusione pericolosa.

Come insegna la storia, anche le piazze più gremite non sempre si traducono in voti. E alla fine, sono le urne – non i cortei – a misurare davvero la distanza tra la politica che vede solo la protesta e il Paese reale che chiede, invece, risposte vere e concrete.

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