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Spoleto, il Premio Schippers a Davide Perico: “La musica deve interrogare, non essere neutrale”

venerdì, 3 Ottobre 2025
2 minuti di lettura

A Spoleto, lo scorso 28 settembre, si è tenuta la cerimonia finale del Premio Internazionale Thomas Schippers, all’interno del Menotti Art Festival diretto musicalmente dalla Prof. Elena Sabatino, con la direzione generale del Prof. Luca Filipponi, presidente della cornice generale ospitante dello Spoleto Art Festival.

Tra i premiati, figurava il musicista, compositore e produttore musicale Davide Perico. Con oltre trent’anni di esperienza nel settore musicale, Perico è di origine bergamasca ed attualmente risiede in provincia di Milano. La sua formazione trasversale, unita a una profonda sensibilità artistica, lo ha portato a esplorare generi vari, come l’elettronica, l’orchestrale, il jazz fusion o il lo-fi.  Suona il pianoforte, le tastiere, il basso elettrico e la chitarra, ed è anche un ingegnere del suono. Riesce a creare sonorità evocative ed emozionanti, ed il suo talento trova massima espressione nel mondo delle colonne sonore. Noto nel mondo della musica per videogiochi, parallelamente alla carriera cinematografica, è un punto di riferimento nella scena lo-fi internazionale, ed i suoi videoclip in computer grafica hanno ricevuto consensi in mezzo mondo. È fondatore dell’etichetta Chill Italy Music, con cui promuove progetti ambient ed elettronici sperimentali. Molti i riconoscimenti in carriera, tra cui quello del Comitato Nazionale Italiano Fair Play per la composizione dell’inno ufficiale della manifestazione “Fair Play for Life.

Lei ha affermato spesso che “un artista non può essere neutrale”, e che il suo compito è cambiare il mondo. Come traduce questo mandato nel suo lavoro musicale quotidiano?

Personalmente non posso accettare che l’artista faccia solo “cose belle”, senza tensione. Il mio compito –  come lo percepisco – è interrogare, perturbare, offrire testimonianza, restituire tracce non rassicuranti. Quando compongo per un film, un videogioco, un progetto ambientale, cerco di portare in quella musica qualcosa che non sia neutro: un’ombra, una domanda, un frammento che si ribelli alla facile pacificazione. Non è un gesto “politico” in senso ideologico, ma un impegno spirituale: far sì che la musica non sia un sottofondo sterile, ma una presenza viva, che smuova qualcosa nell’ascoltatore. E sì: compromesso può essere una parola pericolosa, ma l’artista deve almeno essere disposto al rischio, a perdere consensi, a turbare la pace quotidiana se è necessario.

Guardando al riconoscimento che le è stato recentemente assegnato a Spoleto, che rievoca la figura iconica di Thomas Schippers, che valore simbolico attribuisce al portare avanti, oggi, un’eredità musicale legata a tali radici?

Il nome di questo grande direttore d’orchestra americano evoca la connessione tra musica colta e radici internazionali, l’idea di costruire ponti tra sistemi musicali diversi, l’ibridazione, l’apertura al mondo. Onorare quel lascito significa non fossilizzarsi nel rito nostalgico, ma rivitalizzarlo: significa prendere quel seme e farlo germinare nel presente, mescolandolo con i suoni contemporanei, le contaminazioni elettroniche, le culture digitali. Ricevere un premio che porta quel nome implica che chi ha inventato ponti continui, oggi, a costruirne altri, a immaginare una musica che non resti radicata solo nel passato, ma che sia attraversata dal futuro.

Per concludere, quale messaggio vuole lasciare a chi ascolta, a chi farà arte, a chi cerca una musica che non si limiti all’intrattenimento, ma voglia incidere nella realtà?

Suggerisco di non smettete di cercare, di spostarsi, e di non accontentarsi del confortevole. Fate che la musica non sia consolazione sterile, ma atto di resistenza, testimonianza, richiamo a un senso più profondo. E non abbiate paura di essere scorretti, di insultare le certezze, di fare rumore: è nel rumore che si sveglia il silenzio.

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