Da quattordici anni l’Agenzia delle Entrate applica un’interpretazione restrittiva della normativa sulla cedolare secca, escludendone l’utilizzo nei casi in cui il proprietario affitti un immobile abitativo a un’impresa, che a sua volta lo destina come alloggio per un dipendente o un collaboratore. Una posizione che negli ultimi due anni è stata smentita tre volte dalla Corte di Cassazione, secondo la quale il regime fiscale agevolato può applicarsi anche in queste situazioni. Nonostante ciò, la linea dell’amministrazione finanziaria non cambia. Anzi, come emerso nelle ultime ore in Parlamento, l’Agenzia sarebbe intenzionata a sostenere le proprie ragioni davanti alla Suprema Corte, cercando di ribaltarne l’orientamento.
Durissima la reazione di Confedilizia. “C’è da rimanere sconfortati”, ha dichiarato il Presidente Giorgio Spaziani Testa: “La norma è di una chiarezza cristallina, eppure si continua a impegnare risorse pubbliche in un contenzioso che non sarebbe mai dovuto nascere”.
Secondo l’associazione dei proprietari immobiliari, la scelta del fisco rischia di ostacolare l’accesso alla casa per i lavoratori: “Negare la cedolare secca in questi casi significa rendere più costoso un regime nato per ampliare l’offerta abitativa”, ha aggiunto Spaziani Testa, chiedendo un cambio di rotta.