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Meloni all’Onu: “La diplomazia non basta più”

Condanna Mosca, monito a Israele sulla proporzionalità, spinta alla riforma del Consiglio di Sicurezza. E poi stretta su migrazioni e “piani verdi”, rilancio del Piano Mattei e conversione del debito africano
venerdì, 26 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Con un intervento che ha toccato i principali focolai di crisi e i nodi del sistema multilaterale, Giorgia Meloni ha parlato nella notte tra mercoledì e giovedì all’80esima Assemblea generale delle Nazioni Unite. Dal podio del Palazzo di Vetro, il Premier ha consegnato all’arena internazionale un discorso che ha unito condanna della Russia, critiche severe a Israele, appelli alla riforma dell’Onu e un rilancio del Piano Mattei per l’Africa. Un intervento pronunciato in italiano (tradotto simultaneamente nelle sei lingue ufficiali dell’Onu) per sottolineare la volontà di imprimere un segno identitario: “Viviamo una fase storica accelerata, complessa, ricca di opportunità, ma soprattutto densa di pericoli. Sospesi tra guerra e pace”, ha esordito, ricordando come siano in corso 56 conflitti armati, il dato più alto dalla Seconda guerra mondiale.

Russia e Ucraina

Sul conflitto in Ucraina il Presidente del Consiglio non ha usato mezzi termini. Ha accusato Mosca di aver “calpestato l’articolo 2 dello Statuto Onu”, violando l’integrità di uno Stato sovrano. “La Federazione Russa ha inferto una ferita profonda al diritto internazionale”, ha scandito, facendo presente come Mosca, tre anni e mezzo dopo l’invasione, continui a non voler accettare nessun negoziato di pace. Il Primo Ministro ha ricordato le conseguenze indirette della guerra: “Il conflitto ha fatto detonare altri focolai, destabilizzando regioni ben oltre i confini ucraini. Mentre le Nazioni Unite si sono ulteriormente disunite”.

Israele, Hamas e la difficile equazione mediorientale

L'intervento del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso del dibattito di Alto Livello dell'80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite
L’intervento del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel corso del dibattito di Alto Livello dell’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite

Se sulla Russia la linea è netta, sul Medioriente il discorso di Meloni ha mostrato le difficoltà di un equilibrio fragile. Dopo aver ricordato la ferocia dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, ha riconosciuto come Israele avesse diritto a difendersi. Ma subito ha aggiunto che la reazione dello Stato ebraico “ha superato il limite del principio di proporzionalità, infrangendo le norme umanitarie e causando una strage tra i civili”. Un passaggio decisamente forte, che annuncia la scelta italiana di sostenere alcune sanzioni proposte dall’Unione europea contro Israele. Ma il Premier ha contemporaneamente rimarcato la responsabilità originaria di Hamas: “È Hamas che ha scatenato la guerra. È Hamas che può fermarla liberando gli ostaggi. È Hamas che prospera sulla sofferenza del popolo che dice di rappresentare”.

Sulla prospettiva dei due Stati, ha ribadito la storica posizione italiana, chiarendo però due condizioni imprescindibili: liberazione degli ostaggi israeliani ed esclusione di Hamas dal futuro governo palestinese. Un equilibrio difficile, che prova a non isolare Roma né rispetto all’Europa, più incline a spingere per un riconoscimento immediato, né verso gli Stati Uniti, più cauti e preoccupati per la sicurezza di Israele.

Onu da riformare

Uno dei leitmotiv del discorso è stata la critica al sistema multilaterale nato nel 1945. “L’architettura delle Nazioni Unite non è più all’altezza delle sfide odierne”, ha detto. Ha parlato della necessità di un’Onu più agile, efficiente, capace di rispondere rapidamente alle crisi. “Multilateralismo e diplomazia, senza istituzioni che funzionano, sono parole vuote”, ha avvertito, respingendo l’idea di nuovi seggi permanenti al Consiglio di Sicurezza: “Non servono nuove gerarchie: servono istituzioni più rappresentative, trasparenti nei costi e nelle missioni. Il Palazzo di Vetro deve essere anche una Casa di Vetro”. Una posizione coerente con il gruppo Uniting for Consensus, di cui l’Italia è protagonista, e che si oppone all’ampliamento delle potenze con diritto di veto.

Migrazioni, diritti e religioni perseguitate

Ampio spazio è stato riservato al tema migratorio. Per Meloni le convenzioni internazionali sull’asilo “sono nate in un’epoca diversa, quando non esistevano i traffici illegali di esseri umani”. Oggi, interpretate “in modo ideologico da magistrature politicizzate”, finiscono per “tutelare i criminali invece che i diritti”. Ha invocato un sistema più equilibrato, che garantisca insieme la protezione dei più fragili e la sovranità degli Stati. E ha denunciato le ipocrisie dell’Onu nel difendere alcuni diritti umani a scapito di altri, citando in particolare la libertà religiosa e la persecuzione di milioni di cristiani nel mondo.

Ambiente ed economia

Non sono mancate le stoccate all’Europa. Meloni ha criticato con durezza i programmi di transizione ecologica, accusati di “portare alla deindustrializzazione molto prima che alla decarbonizzazione”. Ha parlato di “ecologismo insostenibile”, che ha messo in crisi il settore automobilistico senza risultati concreti per l’ambiente: “Non si tratta di negare il cambiamento climatico”, ha chiarito, “ma di affermare la ragione: neutralità tecnologica, gradualismo delle riforme, rispetto dei bisogni delle persone”. Una linea che la avvicina alle posizioni espresse ventiquattr’ore prima da Donald Trump, che aveva definito la transizione verde “un disastro”.

Piano Mattei e il debito africano

Il Premier ha poi rilanciato il Piano Mattei per l’Africa, la piattaforma di cooperazione italiana che, negli ultimi tre anni, ha allargato il suo raggio a 14 Paesi: “A differenza di altri attori, l’Italia non ha secondi fini. Non vogliamo sfruttare il continente per le sue materie prime, vogliamo che l’Africa prosperi processando le sue risorse e creando lavoro stabile”. Ha ricordato progetti infrastrutturali come il Corridoio di Lobito, l’AI Hub for Sustainable Development e il Blue Raman Cable, la collaborazione con Nazioni Unite, Unione europea e Unione Africana.

Infine, l’annuncio: nei prossimi dieci anni l’Italia convertirà 235 milioni di euro di debito dei Paesi più poveri in progetti di sviluppo, abbattendo del 50% il debito dei Paesi a reddito medio-basso. “Non è solo economia, ma giustizia e dignità”, ha detto, legando l’iniziativa anche al Giubileo del 2025.

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