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Sempre più nazioni riconoscono la Palestina. Ben Gvir: “Annettiamo la Cisgiordania”

Netanyahu: "Combatteremo il riconoscimento". Cina chiede "cessate il fuoco globale". Mattarella: capodanno ebraico porti a riflessione profonda. Oggi il voto all'Assemblea Generale dell'Onu
lunedì, 22 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Ieri Regno Unito, Canada e Australia hanno annunciato il riconoscimento dello Stato di Palestina, imprimendo una svolta politica che arriva alla vigilia del voto previsto oggi all’Assemblea generale dell’Onu sulla “soluzione a due Stati”. Londra, per voce del premier Keir Starmer, ha motivato la scelta come gesto per “ravvivare la speranza” di pace, precisando che Hamas – definita “organizzazione terroristica brutale” – non potrà avere alcun ruolo nel futuro assetto politico e di sicurezza palestinese. Ottawa, con il primo ministro Mark Carney, è diventata il primo Paese del G7 a compiere il passo; Canberra ha fatto lo stesso per iniziativa di Anthony Albanese. Da Lisbona, il Portogallo ha confermato l’allineamento, mentre Parigi e Ottawa figurano tra i Paesi occidentali che intendono formalizzare il riconoscimento nel quadro del dibattito Onu. Da Londra è arrivato anche un messaggio di cautela. Il vicepremier David Lammy ha avvertito che, nonostante il riconoscimento, “siamo ancora molto lontani” da una vera soluzione a due Stati. La mossa, ha spiegato, rientra in un processo più ampio che richiede il rilascio degli ostaggi israeliani, la riforma dell’Autorità nazionale palestinese e confini “basati” su quelli del 1967 con una Gerusalemme condivisa. Allo stesso tempo, alcuni atti del governo israeliano – dagli insediamenti in Cisgiordania alle operazioni militari – vengono indicati come fattori che allontanano il cessate il fuoco. Israele ha reagito con fermezza. Il premier Benjamin Netanyahu ha promesso di “combattere all’Onu e in ogni altra arena” gli appelli alla creazione di uno Stato palestinese, che a suo dire “metterebbe in pericolo l’esistenza di Israele” e “premierebbe il terrore”. Dopo l’Assemblea generale, ha ricordato, incontrerà a New York il presidente statunitense Donald Trump. Nel governo israeliano, i falchi hanno alzato ulteriormente i toni: il ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha annunciato che presenterà una proposta per l’“immediata applicazione della sovranità israeliana” anche sulla Cisgiordania; sostegno è arrivato dal collega Miki Zohar con un riferimento esplicito a “Giudea, Samaria e Valle del Giordano”.

Bandiera palestinese sul Campidoglio

In Italia, ha fatto discutere la bandiera palestinese issata sul Campidoglio: l’ambasciatore israeliano Jonathan Peled ha definito la decisione “unilaterale” e funzionale “al gioco di Hamas”, ricordando la ferita della strage di via di Porta San Paolo in cui morì il piccolo Stefano Gaj Taché. Dal Quirinale, in occasione del Capodanno ebraico, è arrivato un richiamo alla coesione: il presidente Sergio Mattarella ha auspicato una “riflessione profonda” capace di alimentare “fiducia, serenità e concordia” nella comunità nazionale e internazionale.

Cina esorta al cessate il fuoco

La Cina ha esortato a un “cessate il fuoco globale” a Gaza, affermando che i piani israeliani su Gaza City e l’accelerazione in Cisgiordania violano il diritto internazionale e mettono a rischio la soluzione a due Stati. Da Bruxelles, Ursula von der Leyen ha ribadito che la coesistenza di due Stati è “l’unica prospettiva” di pace duratura e ha definito “tentativi di sabotaggio” le misure del governo israeliano che, a suo giudizio, separerebbero di fatto Cisgiordania e Gerusalemme Est e soffocherebbero finanziariamente l’Autorità palestinese. Non tutti, però, si muovono nella stessa direzione. Secondo la stampa nipponica, il Giappone non riconoscerà la Palestina alla riunione Onu per timori di ricadute sui rapporti con Washington e di un’ulteriore destabilizzazione regionale. Tokyo, pur sostenendo da tempo la prospettiva dei due Stati, ha esortato Israele a fermare l’aggravarsi della crisi umanitaria e a rispettare il diritto internazionale.

Idf: colpiti 120 obiettivi a Gaza

Sul terreno, l’offensiva continua. L’Idf ha riferito di aver “eliminato oltre 30 terroristi” e colpito più di 120 obiettivi nella città di Gaza, creando corridoi per lo spostamento dei civili verso sud. Dalla Striscia, fonti mediche e giornalistiche parlano di almeno 70 vittime nelle ultime 24 ore, per lo più nell’area di Gaza City, con famiglie intere coinvolte. Il direttore dell’ospedale Al-Shifa, Mohammed Abu Salmiya, ha respinto come “calunnia” la versione militare secondo cui il fratello, ucciso insieme alla moglie, fosse un cecchino di Hamas, sostenendo che l’uomo era ipovedente.

Iran

Sul fronte regionale, le Guardie Rivoluzionarie iraniane hanno avvertito che qualsiasi “aggressione o errore di calcolo” contro l’Iran riceverà una “risposta decisa, schiacciante e tempestiva”, mentre il Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale ha minacciato ricadute sulla cooperazione con l’Aiea dopo l’attivazione dello “snapback” sanzionatorio in sede Onu.

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