Indignazione e preoccupazione. Sono i sentimenti espressi da Libera Sicilia dopo la pubblicazione dell’intervista a Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss mafioso Totò Riina, ospite del podcast Lo Sperone. Secondo l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, le dichiarazioni di Riina junior, “prive di pentimento e intrise di revisionismo“, rappresentano “un pericoloso messaggio per la democrazia e per le nuove generazioni“.
Nel comunicato diffuso, Libera sottolinea che “offrire spazio e visibilità a chi continua a difendere e giustificare l’operato criminale del padre, condannato per decine di omicidi e stragi, non è esercizio di libertà di espressione: è una distorsione della verità storica”
Il rischio della “normalizzazione”
L’associazione richiama la responsabilità di chi sceglie di amplificare queste voci: “È inaccettabile che si possa applaudire chi nega le responsabilità di uno dei principali artefici della stagione più sanguinosa della nostra Repubblica”. Particolarmente duro il passaggio dedicato al tentativo di umanizzare la figura del boss corleonese. “Normalizzare la figura di un boss mafioso come ‘padre di famiglia’ o ‘uomo d’onore’ – avverte Libera – rischia di alimentare modelli devianti e pericolosi. La mafia non è cultura, non è sistema, non è famiglia. È morte, paura, silenzio. È la negazione stessa della libertà”. Libera Sicilia ribadisce quindi “l’impegno nel contrastare ogni forma di narrazione che legittimi o edulcori la criminalità organizzata“, ricordando che la memoria delle vittime innocenti “non può essere calpestata da chi, ancora oggi, sceglie di non prendere le distanze da quella storia di sangue”.
“Raccontare la mafia – conclude il comunicato – non significa offrirle un microfono. Significa smascherarla, denunciarla, combatterla. Sempre”.