Con le urne chiuse e lo spoglio in corso, il Malawi entra in una fase cruciale della sua settima elezione presidenziale dall’indipendenza. Oltre sette milioni di cittadini hanno votato per scegliere il nuovo capo dello Stato, 229 parlamentari e oltre 500 consiglieri locali. Ma il voto, più che una sfida politica, è stato un grido di aiuto da parte di una popolazione stremata da inflazione, povertà e instabilità climatica. I due principali contendenti sono il presidente uscente Lazarus Chakwera, leader del Malawi Congress Party, e il suo predecessore Peter Mutharika, del Democratic Progressive Party. Chakwera, ex predicatore, rivendica riforme anticorruzione e investimenti infrastrutturali, ma è sotto accusa per nepotismo e una gestione economica che ha portato l’inflazione al 27%. Mutharika, già al potere dal 2014 al 2020, promette stabilità, ma è ancora ombrellato dalle polemiche per lo scandalo elettorale del 2019. Il Paese, tra i più poveri al mondo, affronta una crisi profonda: il prezzo del cibo è raddoppiato in un anno, il carburante scarseggia, e circa sei milioni di persone vivono in insicurezza alimentare. Il programma di riforma da 175 milioni di dollari sostenuto dal FMI è stato interrotto e dovrà essere rinegoziato dal prossimo presidente. La Commissione elettorale ha promesso trasparenza, ma resta sotto pressione. Se nessun candidato otterrà il 50% + 1 dei voti, si andrà al ballottaggio entro 30 giorni. I risultati presidenziali sono attesi entro il 24 settembre. In un Malawi segnato da eventi climatici estremi e da una crescita demografica che non trova risposte economiche, il voto rappresenta più di una scelta politica: è una richiesta urgente di cambiamento. E mentre le schede vengono contate, il Paese attende con ansia un futuro meno incerto.