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Parlamento Ue chiede riconoscimento Palestina. Attacco a Doha e raid in Yemen: gelo nei negoziati

Nel testo non c'è la parola "genocidio". Media, Trump a Netanyahu: non attacchi più il Qatar.". Inviato di Rai News minacciato a Jenin
venerdì, 12 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Ventiquattr’ore dopo il clamoroso raid israeliano a Doha contro i leader di Hamas, la tensione resta altissima in Medio Oriente e sui tavoli diplomatici.

A poche ore di distanza, l’aviazione israeliana ha colpito anche in Yemen: dodici caccia dell’Iaf hanno percorso oltre 2.300 chilometri sganciando più di trenta bombe su campi militari, depositi di carburante e strutture degli Houthi a Sanaa e in altre città.

Secondo il ministero della Salute yemenita, il bilancio provvisorio è di almeno 35 morti e 131 feriti. A Doha, invece, resta incerto l’esito dell’attacco. Israele non ha diffuso informazioni ufficiali, mentre Hamas parla apertamente di fallimento, denunciando il ferimento della moglie del leader Khalil al-Hayya. Secondo fonti saudite, due dirigenti del movimento sarebbero rimasti feriti, uno in modo grave.

Le ricostruzioni iraniane suggeriscono che i capi di Hamas si sarebbero salvati per caso: era l’ora della preghiera e si sarebbero spostati in un’altra stanza lasciando i cellulari nei locali presi di mira, ingannando l’intelligence israeliana. Il primo ministro qatariota Al-Thani ha definito l’attacco «un colpo mortale alla mediazione sugli ostaggi» e ha annunciato che Doha rivaluterà il proprio ruolo nei negoziati.

Intanto ha incaricato un pool di avvocati di intraprendere azioni legali contro Netanyahu. Sul fronte della società civile, continua a crescere l’iniziativa della Global Sumud Flotilla, pronta a partire con aiuti da Tunisi e da Siracusa. In Sicilia oltre duecento persone hanno salutato la flotta con bandiere palestinesi e slogan come «Free Palestine» e «Stop Israele». Il collettivo Calp di Genova denuncia l’uso di droni militari contro le imbarcazioni, invitando a mobilitarsi con lo slogan «Se attaccano la Flotilla, blocchiamo tutto!».

Netanyahu: «Come gli Usa dopo l’11 settembre»

Di fronte alle critiche internazionali, il premier israeliano ha risposto con un videomessaggio in inglese: «Gli Stati Uniti inseguirono i terroristi ovunque, in Pakistan e in Afghanistan, e il mondo applaudì. Noi facciamo lo stesso. Il nostro 11 settembre è stato il 7 ottobre». Netanyahu ha avvertito i Paesi che ospitano militanti: «O li espellete o li consegnate alla giustizia. Altrimenti lo faremo noi». Parole che hanno irrigidito i rapporti con l’Unione europea.

Ursula von der Leyen, nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, ha annunciato la sospensione parziale della collaborazione con Israele e la proposta di sanzioni mirate contro ministri e coloni estremisti. Una presa di posizione durissima che ha suscitato la reazione immediata del ministro degli Esteri Gideon Saàr, accusando Bruxelles di «propaganda filo-Hamas».

Il Parlamento europeo, intanto, ha approvato una risoluzione che chiede agli Stati membri di valutare il riconoscimento dello Stato di Palestina. Il testo, votato con 305 sì, 151 no e 122 astenuti, evita di menzionare il termine “genocidio” ma sottolinea la necessità di una soluzione a due Stati e di un cessate il fuoco.

Trump e i timori per gli ostaggi

Secondo media statunitensi, Donald Trump avrebbe telefonato a Netanyahu intimandogli di non colpire più il Qatar: «È inaccettabile, non farlo di nuovo», avrebbe detto il presidente americano, rimasto sorpreso dalla decisione di lanciare l’attacco. In una seconda conversazione, più distesa, Trump avrebbe chiesto se l’operazione avesse avuto successo.

Il presidente israeliano Isaac Herzog ha ribadito che l’obiettivo principale era proprio Khalil al-Hayya, accusato di bloccare l’intesa sugli ostaggi. Ma lo stesso Herzog, in visita in Vaticano, ha assicurato al cardinale Parolin che Israele «non occuperà Gaza». A Gaza City intanto l’Idf ha raso al suolo la torre Tayba, il quinto edificio a più piani demolito negli ultimi giorni, mentre i vertici militari di Hamas ordinano ai combattenti di restare in città «preparandosi a mesi di battaglia». Le stime israeliane parlano già di 150 mila civili fuggiti verso sud.

L’Italia tra diplomazia e condanne

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlando al Senato, ha definito la situazione a Gaza «sempre più inaccettabile» e ha ribadito la contrarietà italiana a ogni ipotesi di occupazione della Striscia. Tajani si è detto pronto a valutare le nuove proposte di sanzioni europee, sottolineando la necessità di colpire in particolare i coloni violenti responsabili di aggressioni contro villaggi palestinesi e comunità cristiane. Intanto Netanyahu ha annunciato la nomina del generale David Zini a capo dello Shin Bet, scelta controversa che ha già spinto alcuni funzionari a minacciare le dimissioni per le posizioni messianiche del nuovo direttore.

La denuncia dell’Oms

Da Ginevra, il direttore generale dell’Oms Tedros Ghebreyesus ha fatto sapere che l’agenzia resterà a Gaza City «nonostante gli ordini di evacuazione», definendo la situazione «un disastro causato dall’uomo». Tedros ha chiesto un cessate il fuoco immediato e la protezione delle strutture sanitarie ancora funzionanti, quasi la metà delle quali si trovano proprio nella capitale della Striscia.

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