Una nuova ondata di violenze ha insanguinato Gaza. Almeno 21 palestinesi, tra cui diversi bambini, sono rimasti uccisi ieri in una serie di raid israeliani su Gaza City. Colpite una scuola-rifugio e tende di sfollati: secondo fonti mediche citate da Al Jazeera, almeno otto persone hanno perso la vita sotto le macerie della scuola Al-Farabi, mentre altre nove sono morte nei quartieri Sheikh Radwan e Remal.
Complessivamente, dall’inizio del fine settimana, il bilancio supera le venti vittime. Hamas denuncia anche la morte per malnutrizione di cinque persone, tre delle quali bambini, portando il totale dei decessi per fame dall’inizio della guerra a 387. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato i progressi dell’Idf dentro e intorno alla città. “Circa 100mila persone hanno già lasciato Gaza City – ha dichiarato aprendo la riunione del gabinetto di guerra – nonostante Hamas cerchi di trattenerle come scudi umani”.
Intanto la Jihad Islamica Palestinese ha rivendicato il lancio di due razzi contro la città israeliana di Netivot: uno è stato intercettato, l’altro è caduto in un’area disabitata senza provocare vittime.
Pressioni interne e internazionali su Israele
Il conflitto, intanto, continua ad avere ripercussioni anche all’interno dei confini israeliani. Un drone lanciato dagli Houthi yemeniti ha colpito l’aeroporto di Eilat-Ramon, ferendo lievemente una persona e provocando la chiusura temporanea dello spazio aereo dello scalo. Parallelamente ieri, 701esimo giorno di guerra, migliaia di persone hanno manifestato a Tel Aviv e Gerusalemme per chiedere la liberazione degli ostaggi ancora detenuti da Hamas.
Cortei e sit-in hanno attraversato il Paese, ma il governo non mostra aperture su nuovi accordi parziali. Secondo indiscrezioni riportate da media locali, Israele sarebbe disposto a sospendere l’offensiva contro Gaza City solo di fronte a una proposta “vera e onnicomprensiva” che includa la liberazione di tutti gli ostaggi. Stati Uniti, Qatar ed Egitto sarebbero al lavoro su un nuovo piano, che potrebbe essere presentato nei prossimi giorni e che comprenderebbe cessate il fuoco, rilascio dei rapiti e la creazione di un governo di transizione a Gaza.
A Tel Aviv e in altre città, intanto, cresce la pressione sul governo Netanyahu, accusato di non avere una strategia politica oltre alla prosecuzione delle operazioni militari. Sul fronte legale, l’Alta Corte di Giustizia israeliana ha imposto allo Stato di garantire cibo sufficiente ai detenuti palestinesi, dopo le denunce di ong contro il ministro Ben Gvir e il Servizio penitenziario, accusati di aver deliberatamente ridotto le razioni sotto i livelli di sussistenza.
Mediatori: spiragli al Cairo
Hamas ha dichiarato di essere “aperta a qualsiasi proposta che porti a un cessate il fuoco permanente, al ritiro delle forze israeliane dalla Striscia e a un vero scambio di prigionieri”. Una delegazione del movimento islamista è stata ricevuta al Cairo, dove i mediatori egiziani, insieme a Stati Uniti e Qatar, stanno cercando di costruire una piattaforma negoziale.
Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelaty ha discusso con l’inviato Usa Steve Witkoff della possibilità di organizzare una conferenza internazionale per la ricostruzione di Gaza subito dopo un eventuale cessate il fuoco.
Mobilitazione globale per Gaza
Anche fuori dal Medio Oriente la questione infiamma le piazze. A Londra oltre 425 persone sono state arrestate durante le manifestazioni a sostegno di Palestine Action, gruppo recentemente dichiarato terroristico dal governo britannico. Secondo la polizia, si sono verificati scontri con aggressioni agli agenti, mentre gli organizzatori accusano le forze dell’ordine di eccessiva violenza.
Dal Nord Africa, invece, parte la mobilitazione della Global Sumud Flotilla. Le navi che avrebbero dovuto lasciare ieri Tunisi per portare aiuti a Gaza hanno posticipato la partenza a mercoledì prossimo, a causa di problemi tecnici e logistici. A bordo delle imbarcazioni che partiranno dal porto di Sidi Bou Said ci saranno anche l’attivista svedese Greta Thunberg, l’ex sindaco di Barcellona Ada Colau e Mandla Mandela, nipote di Nelson Mandela. Thunberg, intervistata dal Guardian, ha accusato i governi occidentali di “complicità in un genocidio”. Ha puntato il dito contro il premier britannico Keir Starmer, definendolo “dalla parte sbagliata della storia” e ha denunciato “la grande assenza di chi ha la responsabilità legale di intervenire secondo il diritto internazionale”.