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700 giorni di guerra: Hamas pubblica video con due ostaggi: “Prigionieri di Netanyahu”

Idf: controlliamo 40% di Gaza city. Unicef: "A Gaza l'infanzia non è in grado di sopravvivere"
sabato, 6 Settembre 2025
3 minuti di lettura

Mentre Gaza brucia e Israele si prepara a un’offensiva totale, la crisi entra nel suo terzo anno con poche prospettive di tregua. Gli ostaggi restano il simbolo di una guerra che non risparmia nessuno: per le famiglie israeliane sono la priorità assoluta, per Hamas un’arma politica, per la comunità internazionale una ferita aperta che continua a sanguinare.

A Tel Aviv e in altre città ieri migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere la liberazione dei 48 ostaggi ancora prigionieri, dei quali solo una ventina sarebbe in vita. Nella piazza degli ostaggi, gli attivisti hanno formato un grande “SOS” a terra e installato una clessidra, simbolo di un tempo che scorre ormai al limite. “Durante la prigionia ogni minuto è un’eternità, e ogni secondo si è in pericolo di morte”, ha ricordato l’ex ostaggio Arbel Yahud.

La giornata è stata segnata dalla pubblicazione, da parte di Hamas, di un nuovo video in cui compaiono due prigionieri. Uno di loro, il giovane Guy Gilboa Dalal, guida un’auto tra le macerie di Gaza City, indicando la sede della Croce Rossa e rivolgendosi direttamente al premier Benjamin Netanyahu: “Il vero rapitore è lui, non Hamas. Non gli importiamo, non importa neppure dei soldati”. Al termine dell’appello, Dalal incontra un altro ostaggio, la cui identità non è stata resa pubblica.

La diffusione integrale del filmato è stata bloccata in Israele su richiesta delle famiglie, ma il messaggio resta chiaro: Hamas tenta di usare gli ostaggi come arma psicologica per fermare l’imminente offensiva su Gaza City.

Il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir, ha bollato il filmato come “terrorismo psicologico” e ha invocato “l’occupazione totale e la repressione totale” della Striscia. Più cupa la minaccia del ministro della Difesa Israel Katz: “A Gaza si stanno aprendo le porte dell’inferno. Le operazioni dell’Idf continueranno fino al rilascio di tutti gli ostaggi e al disarmo di Hamas”.

Gaza City sotto assedio

Secondo l’esercito israeliano, le Forze di difesa controllano ormai circa il 40% di Gaza City. “L’offensiva continuerà a espandersi e intensificarsi nei prossimi giorni”, ha annunciato il portavoce militare, generale Effie Defrin. L’avanzata procede mentre decine di migliaia di civili cercano di fuggire attraverso corridoi “sicuri”.

Fonti israeliane temono che Hamas possa trasferire alcuni ostaggi proprio tra queste folle, rendendo impossibile distinguerli dagli sfollati. Il prezzo della guerra resta altissimo: ieri almeno 69 palestinesi sono stati uccisi, 39 nella sola Gaza City, secondo fonti ospedaliere citate da Al Jazeera. Tra le vittime, sette bambini.

Dall’alba di ieri, altre 19 persone – compresi sette minori – sono morte in nuovi raid. Il bilancio complessivo della guerra, secondo le autorità di Gaza, ha raggiunto i 64.300 morti e oltre 162.000 feriti. L’Unicef lancia l’allarme: “Gaza è un luogo in cui l’infanzia non può sopravvivere”.

Tess Ingram, responsabile della comunicazione per il Medio Oriente, ha descritto una città trasformata in “paesaggio di paura, fuga e funerali”. Solo 44 dei 92 centri nutrizionali per bambini sono ancora operativi, e migliaia di piccoli soffrono di malnutrizione acuta. “Ho visto madri i cui figli sono morti di fame, e bambini nei letti d’ospedale con i corpi dilaniati dalle schegge”, ha raccontato. “La sofferenza dei bambini non è un incidente, è la conseguenza diretta di scelte politiche e militari”.

Cisgiordania in fiamme

La violenza non riguarda soltanto Gaza. Nella notte circa 30 coloni israeliani hanno fatto irruzione nel villaggio palestinese di Khallet al-Daba, a sud di Hebron, ferendo oltre dieci residenti, fra cui un neonato.

La Mezzaluna Rossa ha confermato il ricovero di un anziano di 84 anni, un uomo di 64 e un ragazzo di 13. L’episodio si inserisce in un’escalation che ha già visto demolizioni di case, cisterne e pozzi, e l’uccisione a luglio dell’attivista Awdah Hathaleen, protagonista del documentario premiato con l’Oscar No Other Land.

Intanto lo Shin Bet, i servizi di sicurezza interni, hanno avvertito il governo israeliano: il collasso dell’Autorità Nazionale Palestinese sarebbe “caos puro”. Con gli stipendi dei funzionari bloccati e la disoccupazione in aumento, la crisi economica rischia di alimentare una rivolta diffusa. Per gli 007 israeliani, l’Anp resta comunque un argine indispensabile e andrebbe sostenuta, anche ripristinando i fondi fiscali congelati dal ministro dell’Economia Bezalel Smotrich.

Reazioni internazionali

La pressione diplomatica cresce. L’Egitto ha dichiarato che lo sfollamento forzato dei palestinesi da Gaza rappresenterebbe una “linea rossa” e ha parlato apertamente di “genocidio”. Il ministro degli Esteri Badr Abdel Atty ha denunciato “un’uccisione di massa e la fame provocata da Israele” e ha ribadito che “non esiste giustificazione legale, morale o etica per allontanare le persone dalla loro patria”.

Dall’Europa, il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha invitato Israele a rivedere la sua strategia: “Israele ha commesso errori. Noi siamo contro Hamas, ma bisogna lavorare per la pace e per il cessate il fuoco. Troppe vittime innocenti, non solo combattenti”. Sul piano regionale, una delegazione di Hamas ha incontrato in Qatar il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi per discutere della crisi umanitaria e dell’eventuale annessione della Cisgiordania.

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