Il presidente uscente della Guyana, Irfaan Ali, ha annunciato la sua rielezione dopo le elezioni generali del 1° settembre, confermando il dominio del Partito Progressista del Popolo/Civic (PPP/C) in sette dei dieci distretti elettorali del Paese. A 45 anni, Ali si prepara ad affrontare un secondo mandato in un contesto di crescita economica senza precedenti, ma anche di forti tensioni sociali e geopolitiche. La Guyana, piccolo Stato sudamericano con meno di un milione di abitanti, è diventata negli ultimi anni il maggiore produttore di petrolio pro capite al mondo. Dal 2019, con l’avvio delle estrazioni offshore da parte di ExxonMobil, il bilancio statale è quadruplicato, raggiungendo i 6,7 miliardi di dollari nel 2025. Ali ha promesso di utilizzare queste risorse per combattere la povertà, investire in infrastrutture e ridurre il costo dell’elettricità. Tuttavia, l’opposizione e parte della società civile denunciano un aumento del costo della vita e una distribuzione diseguale della ricchezza. “Abbiamo ricchezze come mai prima, ma la gente è ancora povera,” ha dichiarato Amanzia Walton-Desir, candidata presidenziale dell’opposizione, che ha anche sollevato accuse di corruzione. Le elezioni, monitorate da osservatori internazionali tra cui il Carter Center e l’Unione Europea, si sono svolte senza irregolarità significative, anche se alcuni partiti hanno chiesto il riconteggio in alcune circoscrizioni. Ali ha definito la vittoria “schiacciante” e ha promesso di “far progredire il Paese” con una maggioranza parlamentare solida. Sul fronte estero, il presidente dovrà gestire la delicata questione dell’Esequibo, regione contesa con il Venezuela e ricca di giacimenti petroliferi. Con la Guyana al centro di interessi energetici globali, il secondo mandato di Irfaan Ali si annuncia cruciale per il futuro politico ed economico del Paese.
