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La “Lectio Magistralis” – un anno prima di lasciarci – del Prof. Nuccio Ordine (1958-2023)

martedì, 2 Settembre 2025
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“Le scuole non sono imprese”: la lezione di Nuccio Ordine del 22 settembre 2022 a Roma per il 2º Congresso nazionale della Federazione UIL Scuola RUA (Ricerca Università AFAM)

Premessa

Il Professore Nuccio Ordine, storico della letteratura, saggista e critico letterario, in tale lezione si rivolge alla platea di colleghi con passione, calore umano e anche con schiette opinioni di dissenso supportate da concreti esempi e da richiami specifici, qualità innate in chi esercita la professione di insegnante per “vocazione”.

Già nella presentazione ai numerosi congressisti, tra cui suoi colleghi e prestigiose figure del mondo accademico nazionale, Nuccio Ordine, Professore ordinario di letteratura italiana presso l’università della Calabria, viene cosi descritto:

“È internazionalmente considerato come uno dei massimi studiosi del Rinascimento e di Giordano Bruno (1548/1600). Di lui il filosofo francese Pierre Hadot, (1922/2010), membro del Collège de France, ha scritto : “Nuccio Ordine, ben noto ai lettori per i suoi eccellenti lavori su Giordano Bruno, è anche uno dei migliori conoscitori attuali del ‘milieu’ sociale, artistico, letterario e spirituale dell’età del Rinascimento e degli inizi dell’età moderna”.

“Scrittore di tanti saggi, uno in particolare ‘L’utilità dell’inutile’ definito manifesto di una cultura necessaria, manifesto prezioso che dimostra come in una società in cui viene ritenuto utile solo ciò che produce profitto, non ci si rende conto che tutti quei saperi, ritenuti inutili perché non producono profitto, sono fondamentali per l’umanità”.

La lezione di Nuccio Ordine

“Per me oggi è una preziosa occasione parlare a una platea di colleghi che, in prima linea nella scuola, lavorano per cercare di formare gli studenti, in una scuola che, come vedremo, va – purtroppo – in una direzione completamente opposta di come dovrebbe andare l’istruzione. Io vorrei partire dalla citazione di un classico. Ritengo che quando uno insegna, la prima cosa che deve fare un buon professore, non è parlare lui ma far parlare i classici, perché hanno molte cose più intelligenti da dire e vorrei partire da un classico per mostrare che i classici non si leggono per superare un esame, i classici non si leggono per prendere una laurea o un diploma; i classici si leggono perché – innanzitutto – ci insegnano a vivere, ci insegnano a capire il nostro presente. Ora, per mostrare la forza profetica dei classici, vorrei partire da un testo straordinario che veramente consiglierei a tutti i colleghi di leggere: un testo che mostra la lungimiranza, il valore profetico della letteratura. Parlo di tempi difficili di Charles Dickens”.

Charles Dickens (1812/1870), scrittore e giornalista britannico

“Siamo nel 1854, ci fa vedere una città industriale ‘Coketown’, dove quello che conta è la filosofia dell’utile: contano i fatti, conta la produzione, conta il profitto e la scuola deve piegarsi ai fatti, alla produzione e al profitto. Gli alunni vengono considerati dal pedagogo che gestisce la scuola, cito ‘piccoli recipienti’ da riempire di citazione, fatti, fatti, fatti ovunque nell’aspetto materiale della città; fatti fatti, fatti ovunque in quello spirituale. La scuola era solo fatti, la scuola di disegno era solo fatti, le relazioni fra padroni e operai erano solo fatti e tutte le cose erano fatti; tra l’ospedale dove si nasceva, il cimitero e ciò che non si poteva tradurre in cifre o che non si poteva acquistare più a buon mercato o vendere al prezzo più alto”.

Un banchiere e un pedagogo

“Oggi, grazie al neoliberismo imperante, la profetica descrizione di Dickens è diventata una realtà da molti anni e questo, purtroppo, non si sa; nel paese bisognerebbe farlo sapere a tutti i colleghi che insegnano nelle scuole. Da molti anni i parametri dell’insegnamento sono condizionati da agenzie transnazionali: la Banca Mondiale, l’organizzazione mondiale del commercio, l’organizzazione di cooperazione e sviluppo economico, l’Ocse. Loro indicano i criteri per valutare l’apprendimento, loro offrono i parametri per fare una radiografia della scuola in tutti i paesi; nelle diverse formazioni. L’efficienza dell’istruzione non si misura più come un tempo sulle conoscenze che un professore trasferiva ai suoi studenti. Lo scopo oggi della scuola e dell’educazione non è più quello di formare cittadini”.

“Noi venivamo da una scuola dove la preoccupazione principale era ‘formare cittadini colti’, soprattutto donne, uomini liberi, capaci di pensare con un pensiero critico. Oggi il compito principale dell’istruzione ma non in Italia, nel mondo intero, grazie a queste banche e a queste agenzie legate al commercio, è quello di addestrare professioni in grado di adattarsi – passivamente – alle richieste della produzione globale. Noi stiamo formando e stiamo dando vita ad una pedagogia mercantile”.

INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione)

Non disdegna di criticare fortemente anche Invalsi per i suoi parametri e i suoi prodotti con alcuni esempi, mettendo in luce come i test Invalsi, secondo il Prof. Ordine, “non misurano certi aspetti”.

Scopo della Scuola e dell’Università

Sostiene che: “Lo scopo della Scuola e dell’Università non è quello di sfornare, come si vuole oggi, potenziali imprenditori e consumatori, perché questa è la pedagogia mercantile di cui sto parlando. I nostri studenti devono diventare dei futuri imprenditori e dei futuri consumatori passivi e acritici”. È in disaccordo persino con il ruolo del Preside di ieri e quello attuale di dirigente scolastico, tipica figura manageriale e responsabile, tra l’altro, degli aspetti della sicurezza. “Facciamo fare ai presidi quello che i presidi dovrebbero fare, cioè una guida culturale, una guida didattica all’interno della struttura e non fargli perdere tempo”.

Afferma che: “Applicare alla scuola e all’università la logica dell’impresa produce delle catastrofi incredibili”.

In sostanza, il prof. Ordine fa rilevare ai presenti che è in atto la regola del sistema impresa, e cioè che se c’è un ramo dell’impresa improduttivo lo si taglia. “Si sta applicando, purtroppo, nel mondo dell’insegnamento e che applicando questa regola alle lingue antiche, al greco, al latino, al sanscrito – lingue antiche fondamentali – nel rapporto numerico professori/alunni, il Consiglio di amministrazione di un’Università deciderà di sopprimere tali insegnamenti per motivi di costi non sostenibili”.

Aristotele e la filosofia

In merito alla filosofia, secondo la domanda di oggi a cosa serve, il Prof. Ordine indica che la risposta l’ha data, a suo tempo, Aristotele: “La filosofia non serve, perché la filosofia non è servile, la filosofia insegna a essere donne e uomini liberi e quindi non c’entra niente col senso del servile e del servizio. Ebbene che succede se noi tagliamo con la logica dell’impresa le discipline che non sono ‘tra virgolette’ produttive? Noi creiamo una catastrofe non per il futuro della scuola solo, ma per il futuro della democrazia, per il futuro della società”.

Segue prosieguo lezione e altre citazioni

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