“Il Meeting continua la sua storia proponendo nuove occasioni di incontro, di riflessione, di amicizia, di cultura. Un evento che ha messo radici nella società italiana e che ancora ambisce ad ampliare gli spazi di dialogo, a scavare oltre la superficie del nostro tempo per comprendere come la Persona e le Comunità possano, nelle trasformazioni, restare protagoniste”.
Lo scrive il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato al Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, Bernhard Scholz. Ed aggiunge: “Abbiamo bisogno di costruttori di pace, di partecipazione, di solidarietà. Costruttori di una Società capace di governare i mutamenti restando umana nelle fondamenta e nella civiltà. Non possiamo dare per scontate le conquiste che le precedenti generazioni ci hanno trasmesso. Libertà, democrazia, pace, modello sociale, vanno continuamente rigenerati nella fedeltà ai loro presupposti valoriali. Il tempo che viviamo è segnato ancora dagli orrori di guerre che pensavamo di aver cancellato dalla storia, da volontà di potenza che tornano a mostrarsi minacciose, da egoismi personali e di gruppo, da spinte omologanti, da discriminazioni, povertà, solitudini”.
L’appello del nostro Presidente vada attentamente annotato credo per la sua personale constatazione a non essere circondato da tanti politici paladini di vera Pace. Noi cittadini abbiamo affidato ai nostri Politici di continuare il cammino della nostra Storia che i padri fondatori ci hanno tracciato e lasciatoci in eredità. Noi Comunità non abbiamo paura di affrontare le sfide del nostro tempo ma restiamo fermi ai blocchi di partenza in attesa delle Buone politiche per l’Uomo, per la nostra Italia, per mettere a terra i progetti del PNNR e a non sperperarli per politiche di riarmo.
A seguire nel Programma riminese l’intervento di Mario Draghi che ha sostanzialmente ribadito quanto riportato all’Assemblea del Parlamento Europeo sostenendo che al di sopra di ogni analisi pur brillante ci vuole la “politica”. Ma la politica oggi manca perché ancor più distratta nel trovare soluzioni per la guerra in Ucraina, per l’occupazione di Gaza, dalla guerra commerciale dei Dazi. Quindi l’Europa è di fronte ad una vera crisi identitaria perché ridotta ad un ruolo marginale e spettatrice nei contesti mondiali che contano.
Soprattutto con l’entrata a gamba tesa di Trump sulla scena internazionale e sull’Europa in particolare, per una politica a stelle e strisce che ha chiaro l’idea di rafforzarne il suo potere economico e politico a livello mondiale (Make America Great Again) l’Europa deve “cambiare” ora.
Avevo accolto con grande entusiasmo l’ultima relazione al Meeting di Rimini di Mario Draghi quella distinzione tra “debito cattivo e debito buono” che Lui stesso torna a citare per invitare i Paesi europei a costruire “forme di debito comune”. Le uniche, secondo Draghi, in grado di sostenere “progetti europei di grande ampiezza che sforzi nazionali frammentati e insufficienti non riuscirebbero mai ad attuare”.
Eccone i principali spunti di interesse del discorso di Mario Draghi al Meeting di Rimini 2025 enunciati con il richiamo alla responsabilità civile e al ruolo delle istituzioni nel ristabilire fiducia pubblica:
Economia e crescita: enfasi su investimenti pubblici e privati, riforme strutturali per competitività, e priorità a digitalizzazione e transizione energetica.
Politica fiscale: invito a combinare rigore di bilancio con politiche mirate per crescita; attenzione a evitare politiche assistenzialiste non sostenibili.
Lavoro e formazione: proposta di potenziare formazione continua e politiche attive per affrontare competenze e invecchiamento demografico.
Europa: forte appello all’integrazione europea, solidarietà fiscale limitata ma necessaria per progetti comuni (energia, difesa, ricerca).
Sicurezza e geopolitica: richiesta di maggiore autonomia strategica europea; equilibrio tra sostegno a Paesi in difficoltà e gestione dei rapporti con grandi potenze.
Istituzioni e democrazia: difesa dello Stato di diritto, critica a populismi che erodono fiducia nelle istituzioni; richiamo al dialogo civico.
Innovazione e imprese: incentivi per sostegno alle PMI nella catena del valore globale e accesso al credito a condizioni favorevoli.
Ambiente e transizione: programma per conciliare decarbonizzazione con tutela del lavoro nelle industrie tradizionali; investimenti in infrastrutture verdi.
Sanità: equità e accesso ai servizi, programmi per ridurre liste d’attesa, rafforzare medicina territoriale e assistenza domiciliare; incentivi per servizi nelle aree svantaggiate, attenzione alle ricadute distributive di tagli o razionalizzazioni per non aumentare disuguaglianze.
Appello finale: responsabilità collettiva, coesione sociale e lungimiranza nelle scelte politiche per garantire stabilità e prosperità futura. Insomma una vera Agenda di Governo che fa tremare i polsi. E quindi di fronte ad un Europa politicamente debole e divisa, che deve percorrere piani di indebitamento collettivo di grande portata cosa sarebbe meglio fare? Risposta non facile.
Il Progetto Europeo si è dimostrato la giusta risposta alle esigenze di una Storia moderna dopo la fine della seconda guerra mondiale e oggi, la via per uscire dall’irrilevanza, è quella di rafforzare “l’integrazione”, ma va rivista la sua “organizzazione politica” perché ora non è “attrezzata” a sufficienza per competere nelle sfide globali tutelando le esigenze di sviluppo infrastrutturali e tutele commerciali di Ogni singolo Stato Membro.
Inoltre l’Italia non può più aspettare ed ha bisogno di Politiche strutturali essenziali per il lavoro al fine di combattere la dilagante fuga dei giovani all’Estero, la denatalità galoppante che sta svuotando le aule e le fabbriche, rafforzare una Sanità pubblica sempre più fragile. Ancora una volta Rimini ce lo ricorda!