Parigi ha convocato ufficialmente l’ambasciatore statunitense Charles Kushner in seguito a una lettera aperta pubblicata sul Wall Street Journal, in cui il diplomatico ha accusato il presidente Emmanuel Macron di non fare abbastanza per contrastare l’antisemitismo in Francia. Le parole di Kushner, definite “inaccettabili” dal ministero degli Esteri francese, hanno provocato una frattura diplomatica senza precedenti tra i due storici alleati. La lettera, che rappresenta il primo atto pubblico di Kushner da quando ha assunto l’incarico a luglio, ha sollevato un polverone politico. “In Francia non passa giorno senza che ebrei vengano aggrediti per strada, sinagoghe profanate o negozi vandalizzati”, ha scritto l’ambasciatore, accusando il governo francese di non agire con sufficiente urgenza. Ha inoltre criticato l’intenzione di Macron di riconoscere lo Stato di Palestina, sostenendo che tale posizione alimenti l’antisionismo e, di conseguenza, l’antisemitismo. La reazione dell’Eliseo è stata immediata. Il ministero ha richiamato la Convenzione di Vienna del 1961, che vieta ai diplomatici di interferire negli affari interni dello Stato ospitante, e ha ribadito che la Francia “confuta fermamente” le accuse di complicità o negligenza. La convocazione di Kushner arriva in un momento delicato per le relazioni transatlantiche, già segnate da divergenze su Medio Oriente, sicurezza e diritti umani. Il fatto che l’ambasciatore sia legato alla famiglia Trump e abbia espresso posizioni vicine a quelle del premier israeliano Netanyahu ha ulteriormente politicizzato la vicenda. Mentre la comunità ebraica francese continua a chiedere maggiore protezione, il governo Macron si trova ora a dover difendere la propria strategia contro l’odio religioso, senza cedere a pressioni esterne. La crisi diplomatica potrebbe avere ripercussioni anche sul piano europeo, dove il tema dell’antisemitismo resta una ferita aperta.
