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Draghi: “Europa spettatrice, ora servono coraggio e unità”

Al Meeting di Rimini l’ex Premier denuncia l’illusione di un potere solo economico: l’Ue assente su Ucraina, Gaza e Iran. “Trump ci ha dato una sveglia brutale. Difendere la democrazia e crescere insieme è l’unica strada”
sabato, 23 Agosto 2025
3 minuti di lettura

Un’Europa marginale, in ritardo, troppo spesso spettatrice degli eventi globali. Un continente che ha creduto per anni che la propria forza economica, con i suoi 450 milioni di consumatori, fosse sufficiente a tradursi in influenza geopolitica, salvo scoprire nell’ultimo anno che questa convinzione era un’illusione destinata a dissolversi.

Dal palco del 46° Meeting di Rimini, ieri Mario Draghi, ex Presidente della Banca centrale europea ed ex Premier, ha lanciato un monito durissimo, ma anche un appello alla speranza: l’Unione europea deve smettere di essere comprimario e trasformarsi finalmente in protagonista. Un discorso, quello di Draghi, che ha mescolato memoria personale e analisi geopolitica, allarme e fiducia, pragmatismo e visione. In una sala gremita, accolta da lunghi applausi, la sua voce ha assunto il tono di chi non parla più solo da economista, ma da osservatore politico che conosce dall’interno i limiti e le potenzialità del progetto europeo.

Draghi ha iniziato ricordando l’errore di prospettiva che l’Europa ha compiuto negli ultimi decenni: “Per anni l’Ue ha creduto che la dimensione economica portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali. Quest’anno sarà ricordato come quello in cui questa illusione è evaporata”.

Il riferimento non è soltanto all’impatto delle guerre in Ucraina e a Gaza o alla crisi con l’Iran, ma anche alla trasformazione dei rapporti con l’alleato storico, gli Stati Uniti: “Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi Usa e siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, decisione che forse avremmo dovuto prendere, ma non in queste forme e modi”.

Il ruolo marginale dell’Europa

Secondo Draghi è stato Donald Trump a rappresentare il momento di rottura, “una sveglia brutale” che ha costretto l’Europa a prendere atto della propria vulnerabilità. Il cuore del discorso si è concentrato sul ruolo “marginale” che l’Ue ha avuto negli snodi più drammatici degli ultimi anni: “L’Unione europea è stata spettatrice dei negoziati per la pace in Ucraina, spettatrice quando siti nucleari iraniani venivano bombardati, spettatrice mentre il massacro di Gaza si intensificava”.

Un elenco che fotografa la distanza fra l’Europa e i centri decisionali globali, con un continente relegato a comparsa: “Rigidità e passività creano inazione e l’inazione è il peggior nemico dell’Europa. È quello che abbiamo visto negli ultimi 10-15 anni”.

L’Europa che deve cambiare pelle

Da qui la proposta di Draghi: “L’Europa deve trasformarsi da spettatore, o da comprimario, in attore protagonista. Deve mutare anche la sua organizzazione politica, inseparabile dalla capacità di raggiungere i suoi obiettivi economici e strategici”.

Secondo l’ex Primo Ministro, la difesa comune, la sicurezza energetica e gli investimenti nelle tecnologie dirompenti non possono essere affrontati a livello nazionale. “In alcuni settori il cosiddetto debito buono non è più possibile se gestito da soli. Solo forme di debito comune possono sostenere progetti europei di grande ampiezza”.

Draghi ha raccontato anche il suo percorso personale, definendo il proprio europeismo “pragmatico, con i piedi per terra”. Ha ricordato come da giovane fosse scettico sull’euro, giudicato una “sciocchezza” nella sua tesi di laurea, e come in America vedesse l’Ue come un “agglomerato burocratico”. Tornato in Italia, ha però constatato il cambiamento: “Forse valeva la pena dare una chance all’euro”. Il suo europeismo, ha detto, non nasce da grandi ideali astratti, ma dall’osservazione concreta della storia recente: “L’Ue fu creata perché gli Stati-Nazione avevano fallito nel difendere i valori democratici. È insostenibile pensare che staremmo meglio senza di essa”.

Il nodo dello scetticismo

Un altro passaggio chiave ha riguardato la crescita del sentimento euroscettico. Draghi ha invitato a distinguere: “Lo scetticismo non è contro i valori su cui l’Ue è stata fondata, ma contro la sua capacità di difenderli. È in parte comprensibile: i modelli di organizzazione devono adattarsi ai problemi del loro tempo. Quando questi cambiano, l’organizzazione deve cambiare”.

Il mondo, ha ricordato Draghi, “non ci guarda con simpatia, non aspetta i nostri riti comunitari per imporci la sua forza”. Da qui la necessità di una discontinuità politica e di un’unità reale: “La presenza dei leader europei alla Casa Bianca è stata una manifestazione di unità che vale, agli occhi dei cittadini, più di tante riunioni a Bruxelles”.

Trump, con la sua politica aggressiva, ha costretto l’Europa a reagire. “La prima cosa da fare è stringerci tutti insieme. Bisogna imparare ad andare d’accordo”.

Difesa della democrazia

Draghi ha poi messo in guardia dal rischio di dare per scontata la democrazia, soprattutto da parte delle nuove generazioni che non hanno memoria diretta della Seconda guerra mondiale. La sopravvivenza dell’integrazione europea dipenderà dalla capacità di offrire prospettive concrete: “La convinta adesione all’Europa dipende anche dalla crescita economica, che negli ultimi trent’anni è stata più bassa che nel resto del mondo”.

Mattarella: “Costruttori di comunità”

Le parole dell’ex Premier hanno trovato un contrappunto ideale nel messaggio del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, inviato agli organizzatori del Meeting. Il Capo dello Stato ha sottolineato come il titolo scelto per questa edizione (‘Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi’) rappresenti “una sfida e un invito a non arrendersi. Abbiamo bisogno di costruttori di comunità, di convivenza, di pace, di solidarietà”, ha scritto Mattarella. Un messaggio che richiama alla responsabilità verso le nuove generazioni: “Nessuna società che voglia avere futuro può rinunciare all’apporto dei giovani e ai loro mattoni nuovi”.

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