Un camion bomba, droni esplosivi e sparatorie: la Colombia è ripiombata nel caos. Almeno 18 persone hanno perso la vita in due attacchi coordinati attribuiti ai dissidenti delle FARC, segnando una drammatica escalation di violenza a un anno dalle elezioni presidenziali. Il primo attacco è avvenuto giovedì pomeriggio a Cali, nel sud-ovest del Paese. Un veicolo carico di esplosivi è esploso nei pressi di una base aerea, uccidendo sei persone e ferendone oltre 60. Il sindaco Alejandro Eder ha parlato di “attacco narcoterroristico” e ha invocato la militarizzazione della città. Le autorità hanno arrestato un sospetto affiliato all’EMC (Estado Mayor Central), una fazione scissionista delle FARC, accusata di operare sotto il controllo diretto dei narcotrafficanti. Poche ore dopo, a circa 150 chilometri da Medellín, un elicottero della polizia è stato abbattuto da un drone esplosivo mentre sorvolava le coltivazioni di coca ad Amalfi, nella regione di Antioquia. Dodici agenti sono morti, altri quattro sono rimasti feriti. L’attacco è stato rivendicato dal gruppo guerrigliero Calarcá, anch’esso legato all’EMC. Il presidente Gustavo Petro, ex guerrigliero e promotore del processo di pace, ha condannato duramente gli attacchi, definendoli “atti di terrorismo” e promettendo una risposta decisa. I negoziati con i gruppi armati, avviati nel 2023, sembrano ormai naufragati. La Colombia, che nel 2016 aveva celebrato lo storico accordo di pace con le FARC, si ritrova ora a fare i conti con nuove fazioni armate, alimentate dal narcotraffico e dalla frammentazione del potere. Il bilancio umano è pesante, ma il rischio più grande è il ritorno a una spirale di violenza che il Paese sperava di aver lasciato alle spalle.
