Il tribunale di Hong Kong ha rinviato nuovamente il processo per la sicurezza nazionale contro Jimmy Lai, magnate dei media e storico attivista pro-democrazia, a causa di problemi di salute segnalati dal suo legale. A 77 anni, Lai è detenuto da oltre 1600 giorni in isolamento e le sue condizioni fisiche, già precarie, hanno imposto una pausa nelle udienze, inizialmente previste per questa settimana. Il caso di Lai, fondatore del quotidiano Apple Daily, chiuso nel 2021, è diventato il simbolo della stretta autoritaria imposta da Pechino sulla regione amministrativa speciale. Accusato di “collaborazione con forze straniere” e sedizione, rischia l’ergastolo in base alla controversa legge sulla sicurezza nazionale introdotta nel 2020. La sua difesa ha sempre sostenuto che si tratti di una persecuzione politica, mirata a soffocare la libertà di stampa e il dissenso. Il rinvio, il secondo in pochi giorni, arriva in un clima già teso, aggravato dalla recente espansione della legge che ora include reati come spionaggio e sabotaggio. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione: diplomatici di Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia hanno presenziato alle udienze, mentre l’ex presidente americano Donald Trump ha dichiarato pubblicamente il suo sostegno a Lai, promettendo di “fare tutto il possibile per salvarlo”. Il processo, che si avvia verso le arringhe finali, rappresenta una prova cruciale per il futuro della democrazia a Hong Kong. Il rinvio per motivi di salute, se da un lato solleva interrogativi sulla tenuta fisica dell’imputato, dall’altro evidenzia la fragilità di un sistema giudiziario sempre più sotto pressione politica. Il verdetto atteso nei prossimi giorni potrebbe avere ripercussioni profonde non solo per Lai, ma per l’intero movimento pro-democrazia.
