La crisi umanitaria nella Striscia di Gaza ha raggiunto un punto di non ritorno. Ieri, la Cina ha parlato apertamente di una “catastrofe umanitaria senza precedenti” e ha chiesto a Israele di cessare immediatamente le operazioni militari e revocare il blocco che impedisce l’ingresso degli aiuti. Le cifre diffuse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono drammatiche: solo nel mese di luglio, 63 persone sono morte di fame, tra cui 25 bambini. Dall’inizio dell’anno, le vittime della malnutrizione sono salite a 74. “È un crimine contro l’umanità” – ha denunciato anche la Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) in una dura lettera al governo Meloni – “la fame viene usata come arma e i giornalisti, unici testimoni rimasti, vengono ridotti al silenzio come il resto della popolazione”. Secondo la Fnsi, che si unisce agli appelli delle federazioni europea e internazionale dei giornalisti, la situazione per la stampa a Gaza è ormai al collasso fisico e morale: 187 giornalisti sono stati uccisi dall’inizio della guerra, e la chiusura della Striscia ai reporter stranieri è vista come un attacco diretto alla libertà di stampa. “È una vergogna morale e politica che il governo italiano resti muto di fronte a un crimine così evidente”, conclude la Fnsi, che chiede all’Italia di rivedere la propria posizione sull’accordo UE-Israele e di sostenere l’apertura ai giornalisti stranieri, l’evacuazione dei civili e un’inchiesta internazionale sull’uso della fame come arma di guerra.
Regno Unito e altri 15 paesi occidentali

Sul fronte diplomatico, si registrano movimenti rilevanti. Ieri il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato che il Regno Unito riconoscerà lo Stato di Palestina a settembre, se Israele non prenderà misure concrete verso la soluzione del conflitto. Anche la Francia ha fatto sapere che esprimerà ufficialmente il proprio riconoscimento durante l’Assemblea Generale dell’ONU. In tutto, 15 Paesi occidentali – tra cui Canada, Australia, Spagna, Norvegia, Irlanda – hanno firmato a New York un appello collettivo in favore del riconoscimento della Palestina come Stato indipendente. Nove di questi paesi non lo hanno ancora fatto ufficialmente, ma hanno espresso la volontà o l’apertura a farlo. La conferenza ministeriale che ha portato a questa dichiarazione congiunta si è tenuta alle Nazioni Unite su iniziativa di Francia e Arabia Saudita, per riaffermare la centralità della soluzione a due Stati, considerata l’unica via d’uscita dal conflitto in corso.

Anche le Nazioni Unite, con il segretario generale Antonio Guterres, tornano a chiedere che il progetto dei due Stati venga ripreso come priorità: “La pace in Medio Oriente non deve essere un sogno, ma un impegno concreto. Per israeliani, palestinesi e per il mondo intero”. Durante i colloqui, diversi Paesi arabi – tra cui Qatar, Egitto e Arabia Saudita – hanno chiesto ad Hamas di deporre le armi e restituire la guida politica all’Autorità Nazionale Palestinese.
Aiuti umanitari da Egitto e Giordania
Intanto, Egitto e Giordania continuano per il quarto giorno consecutivo a inviare convogli umanitari a Gaza, trasportando quasi 1.000 tonnellate di cibo e aiuti medici attraverso il valico di Rafah e quello di Kerem Shalom. Tuttavia, la maggior parte dei convogli è ancora bloccata in fase di ispezione, e la popolazione – secondo l’ONU – sopravvive in condizioni estreme, senza accesso stabile a cibo, acqua o cure. Anche l’Egitto, attraverso il ministro degli Esteri Badr Abdelatty, ha criticato duramente Israele per l’uso della fame come arma e ha annunciato un piano post-bellico per Gaza, che prevede la formazione di agenti di sicurezza palestinesi da impiegare nella Striscia una volta finita la guerra.
Witkoff in Israele

A livello internazionale, si intensificano gli sforzi per un coordinamento diplomatico. Ieri l’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff è atterrato in Israele. Avrebbe dovuto recarsi nella regione già la scorsa settimana per discutere la questione degli ostaggi, ma aveva rinviato il viaggio per via del fallimento dei negoziati. Ora incontrerà il premier Netanyahu e visiterà i centri di distribuzione degli aiuti umanitari gestiti dalla fondazione GHF. Nel frattempo, sul campo, il fuoco non si arresta. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, ieri le forze israeliane hanno colpito l’area di Netzarim e Khan Yunis, causando due morti e diversi feriti. Secondo stime indipendenti, i morti a Gaza dall’inizio del conflitto superano ormai le 60.000 unità.