Sei persone sono state brutalmente uccise nella provincia di Bujumbura, in Burundi, dopo essere state accusate di stregoneria da una milizia locale. Due delle vittime sono state bruciate vive, mentre le altre quattro sono state lapidate o picchiate a morte. A riferirlo è stato il responsabile amministrativo della collina di Gasarara, che ha definito l’episodio “una barbarie senza nome”. L’attacco è avvenuto nel pomeriggio del 30 giugno, quando un gruppo di giovani appartenenti agli Imbonerakure, il movimento giovanile del partito di governo, ha fatto irruzione nelle abitazioni di una decina di persone sospettate di pratiche magiche. Secondo testimoni oculari, le vittime sono state trascinate fuori dalle loro case e uccise davanti agli abitanti del villaggio, in un clima di terrore e impunità. Video circolati sui social mostrano scene di violenza estrema e confermerebbero il coinvolgimento diretto degli Imbonerakure, già denunciati in passato da Human Rights Watch e dalle Nazioni Unite per torture, esecuzioni extragiudiziali e intimidazioni politiche. Le accuse di stregoneria in Burundi, come in altre aree dell’Africa centrale, sono spesso legate a credenze tradizionali e tensioni sociali. In contesti di povertà e instabilità, queste accuse diventano pretesto per regolamenti di conti, vendette personali o repressione politica. Le autorità locali, spesso conniventi o impotenti, faticano a fermare il fenomeno. Organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto un’indagine indipendente e l’arresto dei responsabili. Ma in un Paese segnato da fragilità istituzionale e controllo paramilitare del territorio, la giustizia appare ancora lontana.