È stata di certo una giornata carica di emozione quella vissuta ieri al Centro di Preparazione Olimpica ‘Giulio Onesti’ del Coni, in quel di Roma, dove Sergio Mattarella è stato protagonista di una visita dal forte impatto simbolico, ma di certo anche istituzionale. All’interno di un’Aula Magna gremita di atleti, tecnici e rappresentanti delle istituzioni sportive, il Capo dello Stato ha voluto rendere omaggio non solo ai successi sportivi, ma soprattutto al valore umano e sociale dello sport: “Non vorrei lasciare questo Auditorium senza ringraziare, per tanti motivi”, le sue prime parole. Il Presidente della Repubblica ha voluto anzitutto rendere omaggio al significato storico del centro sportivo: “Raccoglie insieme tradizione e futuro. Fin dal nome ‘Giulio Onesti’, simbolo di una storia gloriosa del Coni e dello sport italiano”. Un richiamo, questo, alla continuità istituzionale e valoriale, alla capacità delle strutture pubbliche di evolvere mantenendo intatta la loro missione: rappresentare l’eccellenza del Paese e formare cittadini, prima ancora che campioni.
Mattarella ha quindi sottolineato come dietro ogni successo sportivo si celi un universo fatto di “lavoro, rinuncia, consapevolezza della sfida, fatica”, tenendo presente che lo sport non è solo prestazione fisica, ma percorso di crescita personale e collettiva. “È anche un messaggio fondamentale all’interno del nostro Paese”, ha aggiunto, puntando sull’importanza che l’impegno sportivo venga percepito dai giovani come una scuola di vita e convivenza.
Sport come leva civile

Il Capo dello Stato ha rimarcato come i successi sportivi non abbiano valore solo in termini di medaglie e riconoscimenti, ma siano testimonianza concreta di “lealtà sportiva, rispetto dell’altro, impegno nelle competizioni con serietà”. Un’etica della competizione che, ha ricordato, diventa paradigma sociale: “Lo sport lancia ai giovani un messaggio da raccogliere”. La sua presenza al ‘Centro Onesti’, infatti, è stata anche un segnale forte: un invito a valorizzare lo sport come bene pubblico, come strumento educativo e come parte integrante dell’identità nazionale. Non a caso, il Presidente ha ricordato anche il lavoro dei team, degli staff, dei tecnici e di tutti coloro che operano dietro le quinte, perché ogni medaglia racconta una storia corale. Il discorso del Presidente è stato, come spesso accade nei suoi interventi pubblici, molto più di un semplice saluto formale. È stato un atto di riconoscimento istituzionale, quasi un’“investitura” simbolica dello sport come presidio civico, come palestra di democrazia.
Mattarella, nel suo secondo mandato, ha più volte ribadito il ruolo che lo sport deve svolgere in una società che vuole crescere nella legalità, nella solidarietà e nell’inclusione. In questo senso, la sua visita al Centro Onesti non è stata un evento protocollare, ma un’espressione concreta del principio di rappresentanza e unità nazionale che la sua figura incarna.
Visione coerente
Non è la prima volta che Mattarella sceglie lo sport come chiave per parlare al Paese. Lo ha fatto ricevendo al Quirinale le delegazioni olimpiche, lo ha fatto lodando le imprese di atleti paraolimpici, lo ha fatto più volte parlando ai giovani. E in tutte queste occasioni, ha tenuto fede a una visione alta del ruolo pubblico: quella in cui i successi individuali e collettivi si trasformano in patrimonio condiviso, esempio e ispirazione. “Grazie per quanto fate, grazie per i vostri successi, grazie per il vostro impegno”, ha concluso il Presidente.
“Presidente, ci rende più forti”

A chiudere la cerimonia è stato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, che ha rivolto parole di riconoscenza a Mattarella: “Signor Presidente, cominciamo sempre con la stessa parola ma non ne esistono altre così chiare: grazie. Oggi la nostra storia è arricchita dalla sua presenza”. Malagò ha ripercorso la storia del centro olimpico, nato nel 1954 per impulso di Giulio Onesti, in un’Italia che cercava il riscatto dopo le macerie della Seconda Guerra Mondiale. “Quel centro fu una risposta alla necessità di credibilità internazionale”, ha spiegato, ricordando come il riconoscimento del Cio (prima con Cortina 1956, poi con Roma 1960) rappresentò un punto di svolta: “Questo luogo è il simbolo del nostro riscatto, ed è fondamentale che rimanga sotto la gestione del Coni, per storia e competenza”.