Dopo settimane di intense discussioni e speculazioni, OpenAI ha confermato che la sua organizzazione no-profit continuerà a mantenere il controllo dell’azienda, evitando una transizione completa a società a scopo di lucro. La decisione è frutto di confronti con i procuratori generali di Delaware e California e delle critiche mosse da ex dipendenti e figure influenti del settore tecnologico, tra cui Elon Musk. OpenAI, con una valutazione stimata intorno ai 300 miliardi di dollari, aveva inizialmente considerato una ristrutturazione per ampliare l’autonomia della sua divisione commerciale. Tuttavia, le preoccupazioni riguardo alla missione originaria dell’organizzazione, fondata nel 2015 per sviluppare un’intelligenza artificiale a beneficio dell’umanità, hanno portato il consiglio di amministrazione a rivedere i piani, spingendo il suo presidente, Bret Taylor, ad annunciare che la nuova struttura societaria prevede la trasformazione della divisione commerciale in una Public Benefit Corporation (PBC), un modello che bilancia l’obiettivo del profitto con la promozione di interessi pubblici. In questa configurazione, la no-profit non solo manterrà il controllo dell’azienda, ma acquisirà anche un ruolo di azionista rilevante della PBC. La decisione ha ricevuto ampi consensi da parte di osservatori preoccupati per una possibile deriva verso il profitto e la perdita di indipendenza dell’organizzazione. Il CEO Sam Altman ha sottolineato che saranno necessari ingenti investimenti per sostenere la crescita di OpenAI, stimando che potrebbero essere richiesti trilioni di dollari per rendere i servizi accessibili su scala globale. La riorganizzazione rappresenta un compromesso tra la necessità di attrarre capitali e quella di rimanere fedeli alla missione originale. Resta da vedere se questa nuova struttura sarà in grado di soddisfare sia gli investitori che gli stakeholder, garantendo al contempo uno sviluppo responsabile dell’intelligenza artificiale.
