martedì, 22 Aprile, 2025
Esteri

Gaza, cristiani in fuga: “Papa Francesco ci ha amato tanto”. Strage operatori sanitari, Mezzaluna rossa: “Ricostruzione israeliana falsa e contraddittoria”

Raid di Pasquetta nella Striscia, almeno 44 morti. Smotrich: “Gli ostaggi? Non sono la priorità”

In una Terra Santa martoriata dalle bombe, la comunità cristiana resta una delle vittime più invisibili e spesso dimenticate. Mentre a Gerusalemme le autorità israeliane hanno impedito ai cristiani di entrare nel Santo Sepolcro per celebrare la pasqua, a Gaza, sotto il peso dei bombardamenti e della miseria crescente, i cristiani rimasti sono ormai meno di un migliaio. A Betlemme, culla della tradizione cristiana, l’esodo sembra inarrestabile. La voce che più di tutte ha cercato di rompere questo silenzio, fino all’ultimo respiro, è stata quella di Papa Francesco. A Gaza, nella parrocchia cattolica, lo piangono con gratitudine: “Ci ha amato tanto”, dice padre Gabriel Romanelli, argentino, che ha mantenuto un contatto quotidiano con il pontefice anche nei giorni della sua malattia. Prima che Hamas prendesse il controllo della Striscia, nel 2007, i cristiani erano circa 4.200. Nell’ottobre 2023 erano già scesi sotto le mille unità. Secondo il Jerusalem Center, la causa di questo declino drammatico è un intreccio di discriminazione legale e religiosa, esclusione sociale, profanazione dei luoghi sacri e difficoltà economiche. Betlemme è diventata emblema di quella che lo stesso centro ha definito “cancellazione demografica dei cristiani”. Nel 1950 l’86% della popolazione era cristiana. Nel 2017 la percentuale era scesa al 10% e da allora continua a calare. Il vescovo di Gaza, Alexios, già nel 2016 aveva denunciato la presenza di minacce e violenze contro chi non voleva convertirsi all’Islam.E mentre Gaza perde pezzi della sua storia cristiana, la guerra continua senza tregua. Il giorno di Pasquetta, 44 persone sono state uccise in un nuovo raid israeliano sulla Striscia.

Il papa “vicino come nessuno”

In mezzo a questo scenario cupo, Papa Francesco è stato una figura di conforto e sostegno per i cristiani palestinesi. Al Jazeera, in un reportage dai territori, riporta le parole della comunità cattolica di Gaza: “È sicuramente un altro giorno triste per Gaza. Soprattutto per la nostra comunità”. Il Papa era l’unico leader che non solo alzava la voce per chiedere il cessate il fuoco, ma telefonava, si informava, chiedeva cosa servisse. “Era un simbolo vivente di ciò che gli stava più a cuore: i poveri, gli ultimi, la pace”, ha ricordato la Custodia di Terra Santa. Il Patriarca Pierbattista Pizzaballa – uno dei possibili successori al Soglio di Pietro – ha commentato: “Gaza era diventata il suo cruccio. Era attento, vicino, spesso ci sentivamo anche fuori dai protocolli”. Nella chiesa di Gaza, un suo ritratto è stato esposto e la comunità si è raccolta in preghiera per ricordare colui che li ha accompagnati, anche a distanza, durante ogni giorno di questa guerra.

Operatori sanitari, Onu: “si mina il diritto internazionale”

Intanto continuano le polemiche sui 15 operatori sanitari uccisi a Rafah il 23 marzo dall’Idf e ritrovati una settimana dopo sepolti insieme alle autoambulanze. Tel Aviv ha parlato di “errore operativo”, ma la Mezzaluna Rossa palestinese ha denunciato una “ricostruzione falsa e contraddittoria”. Secondo il direttore Yunis al Jatib, i soldati israeliani sapevano che si trattava di operatori sanitari, come confermato via radio prima dell’attacco. Un video trovato sul cellulare di una vittima ha dimostrato che le luci di emergenza delle ambulanze erano accese, smentendo la versione ufficiale di Israele. Jonathan Whittall, responsabile dell’Ufficio ONU per il coordinamento degli affari umanitari, ha criticato duramente l’inchiesta israeliana, definendola una mancanza di assunzione di responsabilità che “mina il diritto internazionale” e “rende il mondo un posto più pericoloso”. La Mezzaluna Rossa ha definito “criminale” il seppellimento in una fossa comune degli operatori da parte dei militari. Nessuno sarà processato, salvo un ufficiale rimosso dall’incarico. Per Whittall, l’impunità è ciò che consente alle atrocità di ripetersi.

Smotrich: “Gli ostaggi? Non sono la priorità”

Parallelamente, le dichiarazioni del ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich aprono un nuovo fronte di polemica interna, dando finalmente ragione alle famiglie degli ostaggi e facendo cadere la maschera del governo. “Diciamoci la verità – ha affermato – il ritorno degli ostaggi non è l’obiettivo più importante”. Per il governo, l’eliminazione totale di Hamas è l’unica via possibile. I 59 ostaggi ancora detenuti da Hamas sarebbero liberati solo in cambio della fine della guerra e del ritiro israeliano. Ma il premier Benjamin Netanyahu continua a rifiutare qualsiasi trattativa che non preveda il completo smantellamento dell’organizzazione.

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