Passata la sceneggiata della giornata dell’autismo, che si celebra tutti gli anni il 20 aprile, con politici che fingono di inaugurare nuove strutture che non entreranno mai in funzione e con sindaci ed amministratori locali, regionali e comunali, che faranno promesse alle famiglie, che da sempre sono costrette ad arrangiarsi con i loro problemi e che essi stessi – gli amministratori – sanno che non potranno mai mantenere anche per l’insufficienza dei fondi messi loro a disposizione, trascorsa questa giornata – dicevo – che si rileva sempre più inutile, si torna alla realtà, alla dura e difficile realtà.
La lettera
Come ci dimostrano gli ultimi casi venuti agli onori della cronaca per merito di genitori e di famiglie che denunciano situazioni, che dovrebbero far vergognare un paese che si definisce civile.
Scrive infatti Gianfranco Vitale in una lettera al “Corriere della Sera” del 23 marzo scorso: “..ma nella mia realtà di genitore di un figlio autistico adulto, di livello 3, restano solo promesse e pochi investimenti. Mentre qualcuno si accontenta di dichiarazioni banali e fini a se stesse, io e tante altre famiglie affrontiamo ogni giorno un sistema che ignora i nostri bisogni reali. Con l’avvicinarsi del 2 aprile, vedrò ripetersi la solita passerella di eventi e discorsi, ma per il resto dell’anno nulla cambia. Io non voglio più sentire parole vuote: servono impegni concreti, non tavoli di lavoro inutili e documenti conditi di promesse mai mantenute… Non voglio più essere parte di questa farsa: bisogna boicottare queste celebrazioni vuote e creare una vera mobilitazione…”.
Il caso di “Maurizio”
Pochi giorni prima sempre sul quotidiano di Via Solferino, nelle pagine della cronaca di Roma una mamma racconta il trattamento riservato a suo figlio: «Nelle scuole superiori di Roma l’integrazione per un ragazzo che rientra nello spettro autistico lieve è impossibile. In due diversi istituti, prima al Pascal al Labaro, e poi allo Stendhal in zona Cassia, la stessa brutta esperienza…».
Maurizio è parcheggiato (il nome è di fantasia), senza la possibilità di interagire con i suoi compagni e di studiare. «Hanno cominciato a parlarci di problemi comportamentali di Maurizio. Problemi che fino a quel momento non aveva mai manifestato». Maurizio veniva messo in una classe definita “speciale”, nella quale passava il suo tempo con altri ragazzi disabili a colorare, si decide di cambiare scuola, si sceglie lo Stendhal, dove lo studente «veniva portato fuori dalla classe e lasciato per ore all’ingresso a guardare gli autobus passare oppure veniva intrattenuto con il cellulare del collaboratore scolastico»… “ora è a casa e non frequenta più la scuola e, sentendosi sempre più isolato, è finito in cura da uno psichiatra perché è caduto in depressione”.
Gli istituti respingono
Qualche mese prima su “Avvenire”, il quotidiano cattolico, del 19 febbraio scorso un’altra mamma, Cristina, racconta il calvario di Manuel un ragazzo con autismo, respinto da vari istituti scolastici: “In seconda media ci siamo trovati a dover cambiare scuola a nostro figlio Manuel, ragazzo con disturbo dello spettro autistico. Ci siamo mossi per tempo, contattando le scuole del nostro territorio, la provincia di Lecco, fin dal primo quadrimestre, ma siamo riusciti a trovare una scuola solo a giugno inoltrato, quando le lezioni erano già finite. Otto istituti ci hanno rifiutato”.
Genitori scoraggiati
A Milano, un ragazzo autistico viene rifiutato da 31 istituti scolastici ed il Ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Valditara apre un’inchiesta… Per Tommy, 15 anni e una forma molto grave di autismo, i genitori iniziano a mobilitarsi” e contattano oltre 28, diconsi ventotto, che però li hanno scoraggiati con motivazioni di ordine pratico.
Un’ altra lettera
Il “Corriere della sera” ritorna il 26 marzo scorso con una lettera accorata di un’altra mamma, Carla Rallo, che scrive da Palermo: “Sono la mamma di una bambina autistica livello 3 non verbale. Leggo e sento parlare di autismo in vista della giornata mondiale del 2 aprile e mi chiedo: dopo cosa accadrà, chi ne parlerà? Credo che chi vive ogni giorno questa grave condizione abbia bisogno di attenzione e sensibilizzazione sempre e non solo in un periodo dell’anno… Io come molte mamme sono stata costretta a lasciare il lavoro per seguire mia figlia tra terapie e accertamenti, le giornate sono colme di pensieri e preoccupazioni, ma non mi lamento anzi ci tengo a trasmettere tutta la forza, l’energia e la voglia che ho di lottare per migliorare le cose, un sistema che a oggi pecca per molti aspetti”.
Proprio il giorno prima della giornata mondiale dell’autismo, Giuseppe Pellicoro descrive la grave situazione del figlio autistico maggiorenne: ““Mio figlio è affetto da un disturbo pervasivo di tipo autistico grave di livello 3, non verbale e non collaborativo. Ora ha 22 anni… il raggiungimento dell’età adulta equivale ancora adesso a cadere nel nulla: le strutture sanitarie di supporto scompaiono; …la scuola finisce; i percorsi terapeutici riabilitativi delle capacità relazionali e comunicative terminano. Purtroppo, per gli autistici maggiorenni… la regressione è dietro l’angolo”.
Famiglie invisibili e dimenticate
Una mamma mesi prima sulla stessa testata scriveva: “Sono la madre di un giovane uomo autistico di 35 anni e posso assicurare che mio figlio e le famiglie come la nostra sono tra gli invisibili e dimenticati… I centri diurni sono parcheggi dove i gruppetti di disabili «assortiti» vengono guardati e intrattenuti con attività inadeguate, come fossero bambini dell’asilo, perché gli operatori sono pochi, alcuni senza esperienza e bisogna evitare rischi inutili. Certo, se hai i soldi trovi diverse offerte attraverso associazioni private, ma non è semplice per chi ha dovuto lasciare il lavoro e inventarsi caregiver. Per non parlare delle fosche prospettive sul «dopo di noi» che se non viene costruito nel «durante» porterà i nostri figli in terribili Rsa, sedati e rimbambiti”.
Ed in contemporanea un’altra mamma in poche righe descrive lo schifo di una politica e di certe istituzioni alle quali – scrive la mamma – non frega assolutamente niente dei disabili e della disabilità e ancor più delle loro famiglie, veri ammortizzatori sociali che non hanno più una vita, non hanno pensione, non hanno tutele di alcun genere, dibattendosi nel nulla istituzionale per il presente e il futuro”.
Violenze e denunce
Questi casi pietosi, gravi, vergognosi sono però poca cosa rispetto ad una mala giustizia che si rifiuta di riconoscere colpe e responsabilità per episodi di presunta violenza o almeno di scarsa vigilanza che coinvolgono diverse famiglie.
L’avvocato Piero Porciani in data 17/12/2021 presentava un esposto alla Procura della Repubblica di Como nel quale si denunciavano le presunte violenze subite da un giovanissimo ragazzo autistico ospite di un noto istituto della provincia, allegando anche le foto che evidenziavano ecchimosi e tumefazioni, oltre che numerose cartelle cliniche dell’ospedale Sacra Famiglia di Erba che certificavano l’avvenuta frattura dell’omero destro.
Il Procuratore della Repubblica ne chiedeva l’archiviazione non ravvisando responsabilità della struttura anzi indicando come eventuale artefice delle lesioni un giovane straniero, privo di famiglia e nullatenente. Lo studio Porciani si opponeva ed il GIP del Tribunale chiedeva nuove indagini alla Procura che, però, reiterava la richiesta di archiviazione contro la quale lo stesso legale che assiste i genitori del giovane intende riproporre ricorso in quanto le indagini del PM appaiono ancora insufficienti. Peraltro nel frattempo si sono aggiunti altri 6 casi di questo genere verificatesi nello stesso istituto (uno dei quali si è visto anche esso respinto il ricorso).
Atti ispettivi
A fronte di questa dolorosa vicenda ci risulta che verranno presentati degli atti ispettivi da parte di deputati e senatori al Ministro di Grazia e Giustizia, Carlo Nordio, al Ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Maria Roccella, ed al Ministro per le Disabilità, Alessandra Locatelli e verrà interessata anche la Regione Lombardia per gli accertamenti del caso. Nel frattempo anche una emittente televisiva della Lombardia, Telecity, si è interessata della vicenda, intervistando l’avvocato Porciani ed i genitori del giovane, senza, ottenere la partecipazione alla trasmissione dell’Istituto interessato.
Come è possibile – ci si chiede – che nemmeno dinanzi a foto impressionanti dalle quali si evince chiaramente che il bambino ha subito violenze e sulla scorta di documentazione sanitaria di un ospedale pubblico che certifica la frattura di un braccio si risvegli la coscienza di chi è tenuto a far rispettare la legge e tutelare chi è trai più fragili e deboli della nostra comunità?