Inutile negarlo. Quello di domani tra Giorgia Meloni e Donald Trump alla Casa Bianca sarà un vertice ad alta tensione. “Faremo del nostro meglio, sono consapevole di ciò che rappresento e di quello che sto difendendo”, ha detto ieri il Primo Ministro intervenendo alla cerimonia dei Premi Leonardo 2025 a Villa Madama. Una missione che, come ha ammesso lei stessa, arriva in “un momento difficile”, con pochi margini di trattativa e numerose incognite legate allo scontro sui dazi tra Europa e Stati Uniti. In preparazione al bilaterale di domani con il Presidente americano, il Premier ha convocato nella giornata di ieri a Palazzo Chigi un vertice strategico con i due Vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, quello della Difesa Guido Crosetto e il Ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto. Obiettivo: definire la linea italiana su uno dei temi più spinosi dell’agenda transatlantica.
Dietro le schermaglie politiche, ci sono numeri che spiegano la posta in gioco: 67 miliardi di euro di esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, migliaia di aziende coinvolte, settori chiave come l’agroalimentare, la moda, la meccanica, l’automotive. Qualsiasi rialzo dei dazi avrebbe impatti immediati sull’intera filiera produttiva italiana. Meloni, consapevole del peso della partita, insiste su un concetto: “Abbiamo superato ostacoli ben peggiori. L’Italia ha la forza, l’intelligenza e la creatività per affrontare anche questa sfida. E continueremo a generare ricchezza, benessere ed eccellenza ovunque arrivino i nostri prodotti”.
Secondo Bloomberg, intanto, gli Stati Uniti avrebbero respinto la proposta di Bruxelles per l’azzeramento dei dazi su tutti i beni industriali, incluse le automobili. Washington avrebbe piuttosto suggerito di bilanciare le tariffe con nuovi investimenti e un incremento delle esportazioni europee verso il mercato americano.
“Viaggio cruciale per il Paese”
A sottolineare la delicatezza della missione è stato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari: “Non è un viaggio facile, è ricco di insidie. Gli Usa sono il nostro primo partner strategico-militare. I dazi ci colpiscono duramente: viviamo di libero scambio da secoli, esportiamo per 67 miliardi verso gli Stati Uniti”. Fazzolari ha anche ricordato l’importanza dei rapporti personali nella diplomazia internazionale: “Meloni e Trump si conoscono da tempo. Lei può parlare in modo sincero per trovare un’intesa. I grandi accordi nascono anche così, nel dialogo diretto”.
Durante la cerimonia dei Premi Leonardo, il Presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso pieno sostegno a Meloni: “Presidente, lei non è sola. Tutte le imprese e l’Europa produttiva sono con lei. Ci auguriamo che la sua missione a Washington sia un successo”. E il Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha rilanciato una proposta ambiziosa: un’area di libero scambio tra Unione europea e Nord America. “Zero dazi per creare il più grande bacino commerciale del mondo. Sarebbe un motore straordinario di crescita. Ma serve anche una scossa alla politica industriale europea: semplificazione, meno burocrazia, revisione del Green Deal che ha messo in ginocchio il settore auto”.
Favorevoli e contrari
Giorgio Mulè, Vicepresidente della Camera e deputato di Forza Italia, difende il viaggio negli States del Premier: “La visita è parte di una strategia condivisa con la Commissione europea. Al centro ci sono commercio, energia, difesa. Non è un’iniziativa personale, ma un tassello fondamentale della politica estera italiana e atlantica”. Di tutt’altro tenore le dichiarazioni del Presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, che accusa il governo di ambiguità: “Non sappiamo se Meloni parla per conto dell’Italia o dell’Europa. Prima ha minimizzato i dazi, ora va a trattare. Ma il mondo è interconnesso, e non ha senso mettere dazi per poi cercare accordi bilaterali. Trump sta tentando una prova di forza che fallirà. L’Europa deve rispondere unita”.
Guerra commerciale Usa-Cina
Nel frattempo si inasprisce anche il confronto tra Stati Uniti e Cina. Trump ha accusato il Presidente cinese Xi Jinping di “voler fregare l’America” e ha annunciato dazi fino al 145% su tutti i prodotti importati da Pechino. In risposta, la Cina ha bloccato la consegna di nuovi jet Boeing e ha imposto il congelamento degli acquisti di componenti aeronautici da aziende americane, oltre a introdurre tariffe di ritorsione del 125% su beni Usa. Un’escalation che rischia di avere ripercussioni globali.