Una piazza San Pietro gremita, in quel del Vaticano, ha accolto ieri il Papa per la celebrazione della Domenica delle Palme, primo atto della Settimana Santa che conduce alla Pasqua. Francesco è apparso a sorpresa in sedia a rotelle, senza supporti per l’ossigeno(gli oramai famosi naselli), visibilmente provato, ma sorridente, pronto a salutare i fedeli e a distribuire caramelle ai bambini presenti sotto il colonnato del Bernini. “Buona Domenica delle Palme, buona Settimana Santa!” ha detto Bergoglio al termine della celebrazione presieduta dal cardinale Leonardo Sandri, e accompagnata dalla lettura dell’Angelus preparato e firmato dallo stesso Pontefice. È la nona domenica consecutiva in cui il messaggio papale viene letto da un prelato, segno tangibile di una fragilità fisica crescente, che il Pontefice non ha nascosto: “Vi ringrazio tanto per le vostre preghiere. In questo momento di debolezza mi aiutano a sentire ancora di più la vicinanza, la compassione e la tenerezza di Dio”, ha scritto.
Nel cuore della celebrazione, il testo dell’omelia papale, letta dal Cardinale Sandri, ha offerto una riflessione intensa e toccante sulla figura di Simone di Cirene, l’uomo che, obbligato dai soldati, ha portato la croce di Gesù sul cammino del Calvario. “Simone di Galilea dice, ma non fa. Simone di Cirene fa, ma non dice”, ha osservato il Vescovo di Roma, richiamando il silenzio tra i due uomini uniti dallo stesso legno, eppure così distanti.
La croce di tutti
L’invito del Pontefice è a guardare oltre l’apparenza del gesto forzato, per cercare nel cuore del Cireneo lo specchio del nostro. “Proviamo a metterci nei suoi panni: sentiamo rabbia o pietà, tristezza o fastidio?”, ha chiesto Sua Santità. È qui che si innesta il messaggio più forte: la croce che Simone sopporta è quella del Cristo, “che porta il peccato di tutti per amore nostro”. E nel gesto di chi aiuta, anche inconsapevolmente, c’è già il seme della salvezza condivisa. “La passione di Gesù diventa compassione quando tendiamo la mano a chi non ce la fa più”, si è letto ancora nell’omelia. La croce”, ha spiegato Francesco, “non va solo portata come simbolo, ma vissuta come impegno concreto verso il prossimo: verso chi è caduto, chi soffre, chi è sconfortato. “Diventiamo cirenei gli uni per gli altri”, l’appello finale che introduce la settimana più intensa per la fede cristiana.
Nel testo dell’Angelus, Francesco si è soffermato sulla figura di Gesù nella sua umanità più fragile: “Indifeso e umiliato, lo abbiamo visto camminare verso la croce con il cuore di un bambino aggrappato al collo del suo papà”. Sono parole che di certo fanno sponda alla condizione fisica del Pontefice, ma anche alle tante fragilità del mondo, cui dedica un nuovo, accorato appello per la pace.
Il dolore del mondo
“Affidiamo al Signore tutti i sofferenti, specialmente chi è colpito dalla guerra, dalla povertà o dai disastri naturali”, ha scritto Francesco, ricordando in particolare le vittime del crollo a Santo Domingo e i civili coinvolti nei conflitti dimenticati. Poi un elenco, tristemente noto, che attraversa le zone calde del pianeta: Sudan, a pochi giorni dal secondo anniversario della guerra civile; Ucraina, dove si continua a combattere con ferocia; Palestina e Israele, segnati da lutti e instabilità; Repubblica Democratica del Congo, Myanmar e Sud Sudan, teatri di crisi profonde e spesso ignorate.
“La sofferenza dei bambini, delle donne e delle persone vulnerabili grida al cielo e ci implora di agire”, ha proseguito ancora il Papa, rilanciando il suo invito alla comunità internazionale perché non faccia mancare aiuti umanitari e percorsi di dialogo. E poi il richiamo alla Madonna Addolorata, affinché accompagni l’umanità ferita in questo cammino di dolore e speranza.