L’inaspettato licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, ha scatenato una crisi politica in Israele, con ripercussioni a livello istituzionale e manifestazioni di protesta da Tel Aviv a Gerusalemme. Dopo l’approvazione unanime del governo per la sua rimozione, l’Alta Corte di giustizia israeliana ha congelato il provvedimento, in attesa di esaminare le petizioni presentate dall’opposizione, che denuncia un grave conflitto di interessi dietro la decisione del premier Benjamin Netanyahu. Parallelamente, il governo Netanyahu discuterà domenica una mozione di sfiducia contro il procuratore generale Gali Baharav-Miara, accusata di ostacolare le riforme dell’esecutivo. La decisione segue di poche ore l’approvazione della rimozione di Bar, aumentando ulteriormente le tensioni politiche nel paese.
Ronen Bar vs. Netanyahu
Nominato nell’ottobre 2021 dal governo precedente, Bar avrebbe dovuto restare in carica fino al 2026. Tuttavia, i rapporti con Netanyahu si erano già incrinati prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre, a causa delle tensioni sulle riforme giudiziarie volute dal governo. La situazione è peggiorata dopo la pubblicazione del rapporto interno dello Shin Bet, che riconosceva il fallimento nell’impedire l’attacco, ma sottolineava anche che “una politica di silenzio aveva permesso ad Hamas di rafforzarsi militarmente”. Inoltre, Bar ha insinuato che dietro la sua rimozione vi fosse l’intenzione di ostacolare le indagini sul cosiddetto “Qatargate”, un’inchiesta che coinvolgerebbe membri dello staff di Netanyahu per presunti legami economici con il Qatar.
Reazioni e proteste
In questo scenario di tensione istituzionale, Bar ha espresso il suo disaccordo con il licenziamento, chiedendo spiegazioni e prove per giustificare una decisione che avrà conseguenze giuridiche rilevanti. In una lettera ai ministri del governo, ha dichiarato: “Ritengo che una decisione così importante debba basarsi su affermazioni dettagliate e prove, presentate in modo che io possa rispondere con documenti adeguati e con il tempo sufficiente per farlo”. Tuttavia, il premier non ha fornito risposte chiare, limitandosi a motivare il provvedimento con una “continua mancanza di fiducia” nei confronti del capo dell’intelligence interna. Il licenziamento ha suscitato la dura reazione dell’opposizione e della società civile. Migliaia di manifestanti si sono radunati a Gerusalemme, sfidando il maltempo, per protestare contro la decisione del governo, considerata un attacco alla democrazia. Partiti di opposizione come Yesh Atid, National Unity e Yisrael Beytenu hanno presentato una petizione all’Alta Corte di giustizia, sostenendo che il licenziamento fosse illegittimo e in conflitto di interessi. La Corte ha quindi deciso di congelare il provvedimento fino all’8 aprile, data entro la quale esaminerà le petizioni.
Scenario internazionale
Nel frattempo, la crisi israelo-palestinese continua a evolversi. Secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi avrebbe comunicato ad altri leader arabi la disponibilità a ospitare temporaneamente fino a mezzo milione di palestinesi del Gaza in una città designata nel Sinai settentrionale, come parte di un piano di ricostruzione della Striscia. Tuttavia, non vi sono conferme ufficiali da parte di altre fonti. Sul fronte diplomatico, i negoziati tra Israele e Hamas per un nuovo cessate il fuoco proseguono, nonostante il recente fallimento delle trattative. Secondo il portavoce di Hamas, Taher al-Nunu, il gruppo ha mostrato “sufficiente flessibilità” per un accordo, ma Israele avrebbe rifiutato i compromessi proposti. Martedì, l’esercito israeliano ha ripreso i bombardamenti sulla Striscia, avvertendo che, se Hamas non accetterà l’intesa, Tel Aviv procederà all’occupazione di nuove aree di Gaza, come dichiarato dal ministro della Difesa Israel Katz.