lunedì, 3 Marzo, 2025
Esteri

Stati Uniti e Russia contro Zelensky: Johnson, “Dovrebbe dimettersi”, Lavrov “Nazista puro”

Kiev: “Non lascerà”. Mike Waltz: sicurezza ucraina sarà a carico dell’Europa. Lavrov: missione di peacekeeping ‘arroganza europea’

Con i rapporti tra Washington e Kiev in tensione, il Cremlino che continua la sua offensiva e le posizioni europee in evoluzione con il vertice di Londra, il conflitto in Ucraina appare nel pieno di una delle fasi più delicate di sempre. Lo speaker della Camera USA, il repubblicano Mike Johnson, in un’intervista alla NBC, ha suggerito che Zelensky dovrebbe dimettersi se non accetta di firmare un accordo sui minerali rari e di porre fine al conflitto. Parole che si inseriscono in un contesto già complesso, con Washington che rivede il proprio impegno in Ucraina e il Cremlino che osserva con attenzione l’evolversi della situazione. Il leader repubblicano, noto per le sue posizioni conservatrici, ha sottolineato la necessità di un cambiamento nella leadership ucraina, affermando che il presidente ucraino dovrebbe mostrare “gratitudine” accettando i termini proposti dagli alleati occidentali o farsi da parte. Johnson, tuttavia, ha riconosciuto la pericolosità della Russia e ha definito Vladimir Putin “un comunista della vecchia scuola di cui non ci si può fidare”. Parallelamente, il consigliere per la Sicurezza nazionale USA, Mike Waltz, ha chiarito che il futuro assetto strategico della regione sarà a carico dell’Europa: “Siamo ancora in una fase prematura per definire il contributo degli Stati Uniti”, ha dichiarato Waltz alla CNN, segnando un possibile ridimensionamento dell’impegno militare diretto di Washington.

Lavrov: ‘Arroganza europea’

Dal fronte russo, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha definito “arroganti” le discussioni in corso in Europa sull’invio di forze di peacekeeping in Ucraina. Secondo Lavrov, iniziative di questo tipo non farebbero altro che incitare Kiev a continuare il conflitto con Mosca. Il riferimento sembra essere rivoltosoprattutto al presidente francese Emmanuel Macron e al leader laburista britannico Keir Starmer, accusati di voler promuovere un intervento più diretto a favore di Kiev. Lavrov ha inoltre rilasciato dichiarazioni durissime nei confronti del presidente ucraino, accusandolo di essere un “nazista puro” e un “traditore del popolo ebraico” (Zelensky è ebreo, ndr). Accuse che rientrano nella strategia russa di delegittimazione della leadership ucraina e che trovano eco nella propaganda del Cremlino specialmente dopo lo scontro con Trump nellos tudio ovale. Tuttavia il governo ucraino respinge ogni ipotesi di abbandono da parte di Zelensky. Il suo consigliere, Mykhailo Podolyak, ha ribadito che “le relazioni con gli Stati Uniti rimangono solide” e che l’Ucraina continuerà a combattere per la propria sovranità. “Non c’è alcuna possibilità che Zelensky si dimetta, perché la Russia non è qui per stabilire la pace, ma per distruggere lo Stato ucraino”, ha dichiarato Podolyak.

Armi e attacchi: la guerra continua

Sul campo, gli scontri non accennano a diminuire. Kiev ha annunciato la firma di un contratto da 20 milioni di euro con la Lituania per la produzione di armi sul suo territorio, mentre l’aviazione russa ha colpito impianti di lavorazione del gas e infrastrutture strategiche ucraine. Il Ministero della Difesa russo ha rivendicato l’attacco come parte di una strategia per indebolire la capacità militare di Kiev. Nella notte di sabato, l’Ucraina ha subito un attacco massiccio con 79 droni russi, di cui 63 sono stati abbattuti dalle difese aeree di Kiev.

Il nodo del gas

In un altro sviluppo significativo, il Financial Times ha rivelato che un’ex spia russa, Matthias Warnig, sta lavorando a un progetto per riavviare il gasdotto Nord Stream 2 con il sostegno di investitori americani. In teoria, commentano le fonti, il progetto darebbe agli Stati Uniti un’influenza senza precedenti sulle forniture energetiche all’Europa dopo che i Paesi Ue hanno messo fine alla loro dipendenza dal gas russo. Un’ipotesi che, se confermata, segnerebbe concretamente l’inversione di rotta nei rapporti tra Mosca e Washington e potrebbe avere un impatto sulle dinamiche geopolitiche europee. Anche se la Russia ancora non si fida del tutto: il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha sottolineato che “C’è una lunga strada da percorrere perché il danno” inflitto alle relazioni diplomatiche tra i due paesi “è significativo”.

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