E’ stato rilasciato martedì, da una prigione in Florida. L’attivista nativo americano Leonard Peltier. L’ex presidente USA, Joe Biden, aveva commutato in ergastolo le sue condanne per l’omicidio di due agenti dell’FBI. Peltier aveva sempre sostenuto la propria innocenza. Ora ottantenne e con la salute compromessa, Peltier trascorrerà i suoi ultimi giorni agli arresti domiciliari nel Dakota del Nord, accolto dalla Turtle Mountain Band of Chippewa. L’organizzazione NDN Collective ha espresso il suo impegno per il rilascio. Il Bureau of Prisons ha spiegato che i detenuti agli arresti domiciliari sono monitorati e devono rimanere nelle loro case salvo approvazione. Le regole per Peltier sono ancora in definizione, ma l’età e la salute saranno considerate. L’avvocato Jenipher Jones ha sottolineato l’importanza delle cure mediche per l’attivista che soffre di diabete, ipertensione e cecità parziale. Il caso di Peltier ha ottenuto sostegno internazionale, ma è stato criticato dalle forze dell’ordine, che sostengono la mancanza di rimorso per la morte degli agenti Jack Coler e Ron Williams. L’ex direttore dell’FBI Christopher Wray si è opposto alla clemenza, mentre un gruppo di agenti ha criticato il rilascio. La famiglia di Coler ha espresso frustrazione. Gli agenti furono uccisi nel 1975 a Pine Ridge. Peltier, membro dell’American Indian Movement, era presente dopo una protesta a Wounded Knee nel 1973. L’FBI lo aveva identificato come l’unico con un fucile AR-15 in grado di sparare il proiettile fatale. Tuttavia, al processo non ci furono testimoni che lo identificassero come l’assassino. L’FBI sostiene che le prove corrispondono al fucile di Peltier. Condannato nel 1977, ricevette un’ulteriore condanna per una fuga di prigione nel 1979. James Reynolds, ex procuratore, ha sostenuto la liberazione di Peltier, citando prove discutibili, assoluzione dei coimputati e maltrattamenti storici dei nativi americani, definendo il caso un errore giudiziario.