Da un lato le numerose crisi aziendali che affliggono il Paese stiano mettendo a rischio quasi 120mila posti di lavoro, nel contempo entro i prossimi tre mesi le imprese italiane hanno dichiarato all’ Unioncamere/Ministero del Lavoro l’intenzione di assumere 1,37 milioni di lavoratori, di cui 380mila circa a tempo indeterminato. È il paradosso indicato dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre che sottolinea il rischio di non poter assumere per mancanza di candidati lavoratori.
“In un caso su due”, osserva la società di indagini socio economiche, “sussiste il rischio di non poter procedere alle assunzioni a causa della carenza di candidati o dell’impreparazione delle persone che si presentano ai colloqui. Pertanto”, evidenzia la Cgia, “a fronte di 120mila lavoratori che potrebbero perdere il posto, nei primi tre mesi di quest’anno le imprese non sarebbero nelle condizioni di coprire, nemmeno offrendo un posto fisso, almeno 190mila posizioni lavorative”.
Al lavoro più anziani
Dai numeri emerge una nuova emergenza quella di “un costante decremento della popolazione giovanile e un incremento significativo della fascia più anziana”. Una situazione che mette in difficoltà le aziende che cercano manodopera. “Gli imprenditori manifestano una crescente preoccupazione per la mancanza di personale che è decisamente superiore ai possibili effetti di una nuova crisi che, tuttavia, si sta diffondendo in buona parte dell’Unione Europea”.
La fuga dei giovani dal lavoro
Il numero dei giovani presenti nel mercato del lavoro è in costante diminuzione, un trend che sta interessando gran parte dei principali paesi del mondo occidentale ma che vede l’Italia in posizione più critica: la fascia di età 25-34 è passata da 8,5 milioni del 2004 a 6 milioni attuali. La fascia 35-49 è scesa dai 14 ai 12 milioni e scenderà a 10 milioni entro il 2040. Ad acuire il problema è che entro il 2028 dovrebbero andare in pensione 3 milioni di persone, sostituirli sarà un problema e tardare l’ingresso pensionistico giocando con i cavilli non risolve il problema in se. Nel prossimo decennio la vera sfida non consisterà nella reintegrazione di coloro che hanno perso il lavoro quanto coprire i posti vacanti che richiedono specifiche capacità.
Benevento e Chieti, negative
L’Ufficio studi della Cgia nella sua classifica pone l’accento su le località dove ci sono incrementi e decrementi. Ad eccezione di Benevento e Chieti, in tutte le province del Mezzogiorno nel primo trimestre di quest’anno è previsto un aumento delle assunzioni rispetto alle previsioni riferite allo stesso periodo del 2024”, scrive la Cgia, “A livello regionale in Abruzzo il saldo è positivo per 650 unità frutto dell’incremento previsto di 470 lavoratori a Pescara e 460 a Teramo. L’Aquila è in equilibrio mentre a Chieti è previsto un calo di 280 unità”. Nel resto d’Italia, invece, per 45 province del Nord e del Centro avranno segno meno. La situazione più virtuosa è attesa a Siracusa con il +29,8% (+1.770 entrate). Seguono Foggia con il +25,9% (+2.070), Matera con il +23,6% (+670), Vibo Valentia con il +20,1% (+350) e Messina con il +19,1% (+1.700).
Pnrr e Zes, e il record di assunti
Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zona Economica Speciale (Zes) unica per il Mezzogiorno e l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) rappresentano i due elementi fondamentali in grado di “giustificare” l’eccellente performance occupazionale attesa a Sud. Sebbene le ore di Cassa Integrazione Guadagni autorizzate siano in deciso aumento” puntualizza la Cgia, “in valore assoluto il numero dei lavoratori dipendenti italiani con il posto fisso ha toccato a novembre il suo record storico, pari a 16.264.000 addetti. Per contro, i lavoratori a termine sono in flessione; sempre a novembre si attestano attorno alla stessa soglia che avevamo a novembre 2020, vale a dire 2.652.000 occupati”.