sabato, 11 Gennaio, 2025
Attualità

Amnistia e indulto tra speranze e sogni sempre più lontani

Adeguare e ampliare la capienza delle nostre carceri alla necessità attuale con l’incremento di 7 mila nuovi posti entro il 2025.

A distanza di un quarto di secolo, i problemi sembrano non dissimili e cioè quelli del “sovraffollamento delle carceri”.

È questa la risposta del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, proprio nella sua conferenza stampa di giovedì scorso, perseguendo la duplice finalità, cioè di far espiare a ciascuna persona detenuta la pena stabilita e di offrire la possibilità del reinserimento sociale.

L’amnistia estingue il reato e ne fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie relative, mentre l’indulto estingue la pena. Entrambi i provvedimenti consentirebbero a numerosi detenuti di ottenere la libertà prima di completare la fase riabilitativa e di reinserimento sociale, con gli inevitabili risentimenti di una rilevante percentuale della società che già vive con preoccupazione la propria sicurezza, specie nelle grandi città e nelle grosse periferie.

Nel nostro vigente ordinamento amnistia e indulto sono contemplati dall’articolo 79 della Costituzione, secondo le modalità indicate nell’articolo 151 del codice penale.

A partire dal 1992 l’amnistia è disposta con legge dello Stato, votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, come previsto proprio dalla legge costituzionale n. 1 del 6 marzo 1992 che ha revisionato l’articolo 79 della Costituzione il quale, al primo comma recita che: “L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale”.

Una discrezionalità politica che fa capo esclusivamente al Parlamento con intese, quindi, inevitabili tra maggioranza e opposizione, motivo per cui a tutt’oggi non ha trovato applicazione.

È dai tempi della grazia (di competenza del Presidente della Repubblica, articolo 87, comma 10), concessa all’attentatore del Papa Giovanni Paolo II, Ali Agca nell’anno 2000 che i partiti non trovano più un accordo su una possibile amnistia generale. Agca aveva, comunque, già scontato ben 19 anni in Italia e ne ha poi scontato altri 10 in Turchia.

Sul fronte di una amnistia, a suo tempo, vi erano molte divergente in più ambienti. Nel CSM si ribadiva l’esclusione per i reati tributari; altri ritenevano che l’amnistia non avrebbe risolto il problema del sovraffollamento delle carceri e avrebbe compromesso il principio della certezza della pena. Altri ancora sostenevano, tra l’altro, che “L’amnistia non cura i mali della giustizia, meno che mai quelle delle carceri.”

La Chiesa, come ora, invocava atto umanitario, mentre Amnesty International additava l’Italia per “diritti umani calpestasti nelle carceri”.

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