Il 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario Eurispes-Enpam, presentato oggi presso il Museo Ninfeo di Roma, dipinge un quadro allarmante per la sanità pubblica italiana. Le cifre, implacabili, testimoniano un sistema al limite, con operatori sanitari stremati, precariato in aumento e risorse insufficienti per affrontare le sfide del futuro. Dal 2008, il Servizio sanitario nazionale ha subito una riduzione costante del personale. Tra il 2014 e il 2017, per ogni 100 dipendenti usciti dal sistema, venivano assunti rispettivamente 80, 70 e 98 sostituti. Al 31 dicembre 2022, il personale dipendente del Ssn contava 625.282 unità, segnando un aumento dell’1,3% rispetto all’anno precedente, ma questa lieve crescita non compensa decenni di tagli e un turnover bloccato.
In parallelo, il lavoro precario è esploso: tra il 2019 e il 2022 il ricorso al personale a tempo determinato è cresciuto del 44,6%. A peggiorare il quadro, la spesa per il personale si è ridotta dal 31,4% al 30,1% della spesa sanitaria totale tra il 2014 e il 2017. La combinazione di scarso turnover e precarizzazione ha portato all’invecchiamento degli operatori: l’età media dei medici è di 50,5 anni e quella degli infermieri di 46,9 anni.
Burnout
Il carico psicologico è un elemento critico: il 52% dei medici e il 45% degli infermieri soffrono di burnout, con percentuali più alte tra le donne, spesso impegnate a conciliare lavoro e vita familiare. Un ulteriore elemento di pressione deriva dall’aumento delle aggressioni: nel 2023 sono stati segnalati circa 18.000 episodi, due terzi dei quali hanno coinvolto professioniste donne. Sono condizioni che rendono il Ssn poco attrattivo per i giovani professionisti. Molti scelgono di lavorare all’estero o nel settore privato, attratti da salari più alti, orari flessibili e minore burocrazia. Il reddito medio dei medici italiani è inferiore del 22% rispetto alla media OCSE, mentre quello degli infermieri è anch’esso del 22% più basso.
Il cambiamento generazionale è evidente: la maggior parte dei medici della Generazione Z (i nativi digitali) si distingue per maggiore flessibilità e mobilità. Inoltre, il settore è sempre più femminilizzato: il 51,3% dei medici sono donne, una percentuale che cresce nelle classi di età più giovani. Ma le donne occupano solo il 19,2% delle posizioni apicali come primari e il 10% delle presidenze degli Ordini professionali provinciali.
La sfida
Le tecnologie digitali, come la telemedicina e i sistemi di refertazione a distanza, promettono di migliorare la produttività e l’efficienza del Ssn. Tuttavia, solo il 18% del personale sanitario italiano possiede competenze digitali adeguate, collocando l’Italia al 18° posto in Europa per grado di digitalizzazione. L’Intelligenza Artificiale ha il potenziale di ridurre il tempo dedicato a compiti amministrativi del 17%, liberando risorse per migliorare il rapporto medico-paziente. Però l’integrazione di strumenti di IA è ostacolata da una normativa frammentata e dalla carenza di infrastrutture tecnologiche uniformi sul territorio nazionale.
Le disuguaglianze territoriali rimangono uno dei problemi principali del sistema sanitario italiano. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede investimenti di 15,62 miliardi di euro nella Missione 6 ‘Salute’. Questi fondi sono destinati a migliorare l’assistenza sanitaria territoriale attraverso la creazione di 1.350 Case della Comunità, Ospedali di Comunità e sistemi di telemedicina. Ma ritardi burocratici rischiano di compromettere il rispetto delle scadenze del 2026.
Il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, ha sottolineato l’urgenza di un approccio integrato e sostenibile: “La salute deve essere al centro del dibattito pubblico e richiede politiche che promuovano il benessere delle comunità”.