Il governo australiano ha annunciato, domenica, di aver rinunciato all’idea di multare le piattaforme online fino al 5% dei loro ricavi globali per non aver fermato la diffusione di disinformazione sul web. Questo disegno di legge faceva parte di un’ampia iniziativa normativa da parte dell’Australia, i cui leader hanno espresso preoccupazione per il fatto che le piattaforme tecnologiche internazionali stessero compromettendo la sovranità del Paese. La proposta arriva in un periodo critico, con le elezioni federali previste entro un anno. “Dalle dichiarazioni pubbliche e dai confronti con i senatori, è evidente che non c’è un percorso per far approvare questa proposta dal Senato”, ha dichiarato il ministro delle Comunicazioni Michelle Rowland in un comunicato. Rowland ha sottolineato che il disegno di legge avrebbe introdotto un livello di trasparenza mai visto prima, costringendo le grandi aziende tecnologiche a rispondere dei loro sistemi e processi per prevenire e ridurre la diffusione di disinformazione dannosa online. Circa l’80% degli australiani desidera che si affronti il problema delle informazioni sbagliate, ha affermato il ministro, il cui governo laburista di centro-sinistra è stato superato nei sondaggi dalla coalizione di opposizione conservatrice. Secondo quanto riportato da Sky News, la coalizione Liberal-National, insieme ai Verdi australiani e ai senatori di diversi gruppi, si sono opposti alla proposta di legge. La senatrice dei Verdi Sarah Hanson-Young, durante un discorso trasmesso domenica sulla rete televisiva Australian Broadcasting Corp, ha criticato il ddl governativo definendolo una “soluzione poco articolata”. L’associazione di categoria DIGI, di cui Meta fa parte, aveva in precedenza sostenuto che il regime proposto avrebbe potenziato un codice anti-disinformazione già in vigore.