Secondo i dati elaborati dall’Ufficio Studi della Cgia, nel 2023 le famiglie italiane hanno destinato in media 1.191 euro al mese a spese obbligate, una cifra che rappresenta il 56% della spesa complessiva di 2.128 euro. Sebbene leggermente inferiore rispetto al 57,1% registrato nel 2022, questa percentuale è ancora significativamente più alta rispetto ai livelli pre-pandemia. La voce più onerosa è rappresentata dagli alimentari e bevande analcoliche, che pesano per 526 euro mensili, seguiti dalle spese per manutenzione della casa, bollette e spese condominiali (374 euro) e dai costi per trasporti (291 euro), tra carburante e abbonamenti ai mezzi pubblici.
Questi numeri riflettono gli effetti persistenti della pandemia e della crisi energetica che ha caratterizzato il triennio 2020-2022. Il forte aumento dell’inflazione, combinato con la stagnazione dei salari, ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie, costringendole a concentrarsi su spese essenziali per vivere e per lavorare.
Il Sud in maggiore difficoltà
Le difficoltà economiche sono particolarmente evidenti nel Mezzogiorno, dove le spese obbligate assorbono quasi il 60% del budget familiare. Regioni come Calabria (63,4%), Campania (60,8%) e Basilicata (60,2%) registrano le percentuali più alte in Italia, mentre nelle regioni del Nordovest e del Nordest l’incidenza è inferiore, attestandosi intorno al 55%. Questa disparità è dovuta a una combinazione di redditi medi più bassi e costi elevati per beni essenziali, soprattutto alimentari. Paradossalmente, le famiglie del Sud spendono meno in termini assoluti rispetto a quelle del Nord (1.758 euro al mese contro 2.337 euro), ma l’incidenza delle spese obbligate è molto più alta, lasciando meno margine per spese complementari.
L’effetto sugli artigiani
Le conseguenze di questa situazione non si limitano alle famiglie. Gli artigiani e i piccoli commercianti, che vivono dei consumi locali, subiscono pesantemente il contraccolpo. Con una quota sempre maggiore di reddito destinata a coprire le spese obbligate, le famiglie riducono gli acquisti discrezionali, colpendo i settori del commercio al dettaglio e delle attività artigianali. Negli ultimi dieci anni, la crisi dei consumi ha contribuito alla chiusura di molte botteghe artigiane e negozi di vicinato. Tra i fattori che hanno aggravato la situazione ci sono anche i costi elevati degli affitti, la concorrenza della grande distribuzione e l’espansione del commercio online. Tuttavia, il calo dei consumi è il nodo centrale: le famiglie più fragili e il ceto medio, un tempo motore della domanda, sono ora costretti a ridurre drasticamente le spese discrezionali. Acquisti di Natale in calo Il peso delle spese obbligate si riflette direttamente sulle previsioni per le festività natalizie del 2024. La spesa per i regali dovrebbe scendere a circa 10 miliardi di euro, con una riduzione del 9% rispetto ai 11 miliardi del 2023. Questo calo è attribuibile alla ridotta disponibilità economica delle famiglie, ma anche all’impatto crescente del Black Friday, che spinge molti consumatori ad anticipare gli acquisti a novembre per approfittare degli sconti. Se da un lato il Black Friday rappresenta un’opportunità per ottenere risparmi significativi, dall’altro sta contribuendo a cambiare le abitudini di consumo, sottraendo risorse agli acquisti natalizi tradizionali. Questo fenomeno colpisce particolarmente i piccoli commercianti, che spesso non riescono a competere con le grandi catene e le piattaforme online in termini di sconti e offerte.