Gli aiuti umanitari potranno entrare “regolarmente” nel sud della Striscia di Gaza, ma non nel nord, poiché “non ci sono più civili”. Lo ha detto, secondo quanto riportano il Guardian e i media israeliani, il generale di brigata Itzik Cohen delle Idf,aggiungendo che “non c’è alcuna intenzione di permettere ai residenti del nord della Striscia di Gaza di tornare alle loro case”.
Le agenzie umanitarie hanno affermato che, nonostante le smentite, Israele sembra stia attuando una versione del cosiddetto “piano dei generali”: dare ai civili una scadenza per andarsene e poi trattare chiunque rimanga come un combattente. Non è chiaro quante persone rimangano nel nord di Gaza; il mese scorso, le Nazioni Unite hanno stimato che ci fossero circa 400.000 civili incapaci o non disposti a seguire gli ordini di evacuazione israeliani.
Nuove evacuazioni dal Nord della Striscia
Intanto comunque le forze israeliane hanno ordinato altre evacuazioni e hanno intensificato i bombardamenti nella Striscia. I droni si sono librati in volo trasmettendo gli ordini di evacuazione, che sono stati trasmessi anche sui social media, con messaggi audio e di testo inviati ai telefoni dei residenti, ha detto un uomo sfollato. Un mese dopo una nuova spinta verso il nord della Striscia di Gaza, decine di famiglie si sono riversate fuori, arrivando alle scuole e ad altri rifugi che ospitano gli sfollati nella città di Gaza con tutti gli effetti personali e il cibo che potevano portare con sé, mentre i carri armati israeliani avanzavano a Beit Lahiya.
“Dopo aver sfollato la maggior parte o tutti gli abitanti di Jabalia, ora stanno bombardando ovunque, uccidendo le persone sulle strade e all’interno delle loro case per costringere tutti ad andarsene”, ha detto uno afollato alla Reuters tramite un’applicazione di chat, fornendo solo un nome, Ahmed, per paura di ripercussioni. I funzionari palestinesi affermano che Israele sta attuando un piano di “pulizia etnica” e i residenti affermano che nessun aiuto è entrato a Jabalia, Beit Lahiya e Beit Hanoun dall’inizio dei raid il 5 ottobre. L’esercito israeliano ha dichiarato di essere stato costretto a evacuare Jabalia e di aver iniziato a evacuare la vicina Beit Lahiya mercoledì, per poter affrontare i militanti di Hamas che, a suo dire, si sono raggruppati lì.
Libano, almeno 30 morti in 20 attacchi israeliani
Venti pesanti attacchi israeliani in Libano hanno preso di mira da una parte la città meridionale di Baalbek e i suoi dintorni e dall’altra la periferia sud di Beirut, uccidendo almeno 30 persone e ferendone 35. Il governatore della regione di Baalbek, Bachir Khodr ha reso noto che i bombardamenti sono iniziati senza essere preceduti da ordini di evacuazione. Nel sud del Libano, secondo l’Agenzia nazionale d’informazione (Ani), gli attacchi israeliani hanno preso di mira anche la città di Nabatiye.
Media libanesi: 4 i caschi blu Unifil feriti
Secondo i media statali libanesi, quattro caschi blu della missione Unifil sono rimasti feriti in un attacco israeliano mentre la loro pattuglia transitava vicino a Sidone, in Libano. L’incidente è accaduto quando ordigni israeliani hanno preso di mira un’auto all’ingresso della città di Sidone, nel sud del paese, e quattro forze di pace, inclusa la pattuglia che passava nella zona, sono state feriti. L’Agenzia nazionale d’informazione (Ani) ha riferito di un “attacco nemico contro un’auto” all’ingresso di Sidone, in cui quattro peacekeepers sono stati feriti. Al momento non è stata resa nota la nazionalità dei caschi blu coinvolti
Borrell, sconvolti da attacchi Israele, rispettare diritto
“L’Unione europea è sconvolta dagli attacchi aerei israeliani sulla Bekaa, Baalbek, Nasriya e nei pressi dell’aeroporto di Beirut, in cui sarebbero state uccise decine di persone. Il rispetto del diritto umanitario internazionale non è negoziabile. Chiediamo ancora una volta un cessate il fuoco immediato e un’attuazione simmetrica della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”. Lo scrive su X l’Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell.
Procuratore generale all’Alta Corte di Israele: legale il licenziamento di Gallant
In risposta a una serie di petizioni, il procuratore generale Gali Baharav-Miara ha dichiarato all’Alta Corte che il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu è legale. Baharav-Miara afferma se il primo ministro ritiene che le sue politiche non possano essere promosse da coloro che ha nominato, ha l’autorità di licenziare i ministri. Il premier ha annunciato che il ministro degli Esteri Israel Katz avrebbe sostituito Gallant come ministro della Difesa, mentre Gideon Sàar è stato nominato ministro degli Esteri. Secondo il quotidiano Times of Israel, non dovrebbe quindi esserci alcun intervento sulla questione.
I politici dell’opposizione hanno accusato il premier di fare politica a spese della sicurezza di Israele. Una delle petizioni proveniva dal Movement for Quality Government, che ha chiesto alla corte di intervenire sul licenziamento. L’ente di controllo ha sostenuto che il licenziamento di Gallant era “una mossa politica ristretta che pone gli interessi personali e politici al di sopra del bene dello Stato e della sicurezza dei suoi cittadini”, collegando la decisione del premier alla controversa bozza di legge Haredi.