La pizza, apprezzata in tutto il mondo, può essere una componente sana di una dieta equilibrata in quanto versatile e nutriente, offre anche benefici per l’umore e rende felici chi la consuma.
Ad affermarlo è stata Iolanda Grillone, ricercatrice nutrizionista dell’Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali, OSMOA, dell’Università degli Studi di Salerno nel corso di Pitti Pizza e Friends, una kermesse organizzata a Salerno in questi giorni dall’Associazione Alimenta di Maurizio Falcone, per degustare la tradizionale pizza attraverso assaggi e momenti scientifici culturali legati a questa notissima pietanza riconosciuta patrimonio italiano.
“Grazie al triptofano, un amminoacido essenziale presente nella mozzarella e nell’impasto della pizza, ha detto la dottoressa Grillone, si facilita la produzione di serotonina, neurotrasmettitore che contribuisce al benessere e alla felicità. Questo semplice e gustoso piatto riesce a diventare, con i giusti accorgimenti, anche il compagno ideale di un eccellente riposo!
Inoltre, i pomodori, ricchi di licopene – un potente antiossidante della famiglia dei carotenoidi che conferisce loro il caratteristico colore rosso – apportano ulteriori benefici per la salute insieme al basilico, utilizzato come condimento, sempre per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e digestive.”
A Salerno è stata anche evidenziata la necessità di tutelare la salute e la sicurezza dei pizzaioli esposti a ritmi di lavoro frenetici in spazi limitati in cui viene rilevata una scarsa attenzione rivolta alla formazione e all’uso di dispositivi di protezione individuali.
Circa 90 al giorno, sottolinea OSMOA, sono infatti gli infortuni registrati nel nostro Paese nel settore della ristorazione, pari ad oltre 33.000 eventi all’anno, secondo recenti dati INAIL, con 41 decessi sempre a causa dei rischi presenti nelle cucine.
Preparare alimenti è un mestiere che comporta forti responsabilità: i cuochi rientrano tra le categorie di lavoratori maggiormente colpiti da incidenti sui luoghi di lavoro, seguiti da camerieri, pizzaioli, inservienti, baristi e rosticcieri.
Un infortunio su tre avviene nei ristoranti (seguono mense, alberghi, bar, villaggi turistici e campeggi) e le cause più frequenti sono scivolamenti, movimenti bruschi o uso improprio di utensili e attrezzature, che possono provocare gravi danni alla colonna vertebrale, alle caviglie o alle mani.
Quasi la metà delle denunce riguarda i giovani, nella fascia di età under 34 (46%), seguita dai 35-54enni (40%).
La quota maschile (52%) è leggermente superiore a quella femminile e rileva l’ampia fetta di lavoratori stranieri colpiti, ossia il 23% delle denunce contro il 19% riferito al comparto Industria e servizi. La maggior parte delle denunce proviene dal Nord-est (1/3), e a seguire dal Nord-Ovest (27%), Centro (23%) e Sud (17%).
Altro dato di rilievo riguarda i decessi, con il maggior numero di vittime concentrato nella Ristorazione (31 su 41, pari al 76%) e ha colpito soprattutto lavoratori di sesso maschile (90%). L’età media dei deceduti è più alta rispetto a quella riferita agli infortunati: 1 su 4 ha oltre 54 anni.
Anche in questo caso, la quota dei lavoratori stranieri è considerevole (18%), mentre il territorio più colpito è il Mezzogiorno (36%), che precede il Nord-Est (23%), il Nord-Ovest (22%) e il Centro (19%).
L’andamento delle malattie professionali non è dissimile da quello riferito agli infortuni. Nel 2020 si è registrata una forte contrazione (-27% rispetto al 2019) mentre nel 2021 si è rilevato un +19%. Si tratta comunque di numeri al di sotto dei livelli prepandemici.
Anche in questo caso, l’incremento più significativo ha riguardato la Ristorazione (+21,4%, con 8 denunce su 10).
Le malattie da lavoro maggiormente denunciate sono a carico del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, seguite da quelle del sistema nervoso con 219 casi (19,9%).