lunedì, 23 Dicembre, 2024
Attualità

Riprendono i colloqui al Cairo, ma in Cisgiordania si alza lo scontro

Il Procuratore della Corte dell’Aja: arrestate Netanyahu e Sinwar

Il copione è sempre lo stesso: la Casa Bianca dichiara che i colloqui per il cessate il fuoco al Cairo sono costruttivi. “Sono stati fatti dei progressi”, ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale John Kirby, “ora è necessario che entrambe le parti si uniscano e lavorino per l’attuazione”.

Kirby non ha specificato quali progressi sono stati fatti. Hamas riferisce che la partecipazione della delegazione ai colloqui di oggi non è decisa, potrebbero partecipare solo degli esponenti con autorizzazioni limitate, e rende noto che “l’organizzazione mantiene le sue condizioni e rifiuta qualsiasi presenza israeliana sull’asse Filadelfia” e quindi chiede il “ritiro completo.” Israele non ha replicato, ma secondo fonti egiziane (pertanto non ufficiali) “Israele informerà Il Cairo che è pronto a ritirarsi da cinque degli otto punti di sicurezza lungo il corridoio.” Intanto il quotidiano saudita al Sharq scrive che “Israele ha chiesto il rilascio di cinque ostaggi vivi a settimana durante il cessate il fuoco se le fasi non saranno più tre ma una sola”.

Scontri in Cisgiordania

“Fuori! “Fuori! Fuori!”: respinti dalle forze israeliane, con i telefoni in mano e in diretta sui social network, gli attivisti pacifisti e una famiglia palestinese cercano di riconquistare spazio contro la colonizzazione che avanza nella Cisgiordania occupata. A Beit Jala, vicino a Betlemme, la tenda della famiglia Kisiya è diventata un punto di raccolta per i palestinesi che hanno visto la loro terra conquistata da coloni ebrei, attivisti, parlamentari e rabbini. Condividono una routine quotidiana di pasti, preghiere, canti e lezioni di resistenza non violenta. E ogni giorno si recano a piedi in un terreno agricolo a dieci minuti di distanza, il campo della famiglia Kisiya, che è stato sequestrato dai coloni il 31 luglio. Quel giorno, accompagnati dai soldati, i coloni “hanno attaccato il campo, aggredendo la famiglia Kisiya e gli attivisti che cercavano di farli andare via”, secondo l’ong israeliana anti-insediamento Peace Now. È stato dopo questo incidente che si è formato il campo. Per gli attivisti, il destino di questa famiglia palestinese è l’ennesima dimostrazione della colonizzazione israeliana della Cisgiordania, occupata da Israele dal 1967.

Giovedì erano di nuovo lì con la famiglia Kisiya: gli attivisti cercavano di abbattere le recinzioni appena piantate dai coloni, mentre la famiglia portava via dal campo quello che poteva: materassi, cavi elettrici e persino granate appese agli alberi. I coloni e gli attivisti sono venuti alle mani, ma senza scoraggiare Alice Kisiya. “Resteremo qui fino a quando non riavremo la nostra terra”, ha detto questa donna sulla trentina all’agenzia France-Presse. Secondo lei, i coloni “hanno approfittato della guerra” che imperversa nella Striscia di Gaza da quando Hamas ha lanciato un attacco mortale contro Israele il 7 ottobre.

Tensioni continue

Intanto l’Iran continua a minacciare Israele e Hezbollah a lanciare razzi. L’esercito di Tel Aviv ha ordinato di sgomberare il centro e il nord della Striscia. Il nuovo avviso di evacuazione è stato diffuso dall’Idf per i palestinesi nell’area orientale di Deir al-Balah e Maghazia. La popolazione della zona è stata invitata a trasferirsi nella zona umanitaria designata da Israele, che attualmente si estende per circa 42 chilometri quadrati. Gli avvisi di evacuazione di solito precedono i raid ha eliminato un importante membro di Hamas, Taha Abu Nada, coinvolto nella produzione di armi. L’operazione è avvenuta nel contesto di incursioni mirate in tutta l’enclave. Nella città di Rafah, nel sud di Gaza, l’esercito afferma che le truppe della 162ma Divisione hanno ucciso decine di terroristi in scontri a corto raggio e attacchi aerei nel quartiere di Tel Sultan. Nella zona è stato trovato un deposito di munizioni.

Corte Aja: arrestate Netanyahu e Sinwar

Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha depositato una memoria in cui sollecita un collegio di giudici preliminari a “rendere urgentemente note le proprie decisioni” sulle richieste da lui presentate a maggio. Khan ha affermato che “qualsiasi ritardo ingiustificato in questi procedimenti incide negativamente sui diritti delle vittime”. Citando possibili crimini di guerra e crimini contro l’umanità, Khan aveva richiesto mandati di arresto per il primo ministro israeliano Netanyahu, il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il leader di Hamas, Yahya Sinwar.

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