venerdì, 20 Settembre, 2024
Lavoro

Quando il “fattore umano” diventa un rischio

Il miglioramento del livello di affidabilità del lavoratore è l’obiettivo cui mirano le agenzie internazionali di salute e sicurezza sul lavoro quando affrontano il tema “Fattore Umano”, tenendo conto della complessità di tutti gli elementi con i quali egli si deve interfacciare.

Ciò implica, evidentemente, la tendenza a minimizzare la presenza di errori: le più dirette applicazioni connesse agli studi sul Fattore Umano analizzano infatti l’Errore Umano, inteso come squilibrio tra le componenti del sistema “uomo-macchina-ambiente” che provoca un abbassamento dell’affidabilità dell’intero sistema anche se le singole componenti mantengono elevata affidabilità.

Lo studio dei comportamenti e dell’Human Factor (Fattore Umano) ha significative implicazioni in termini di salute e sicurezza sul lavoro; in particolare, le ricerche in merito si sono concentrate sull’analisi degli errori e sulle competenze cognitive note come “non technical skills”.

I primi studi in materia, risalenti agli anni ’70 e focalizzati soprattutto sul settore dell’aviazione militare e civile, hanno restituito risultati che sono poi stati applicati con successo ad altri settori in cui le conseguenze di errori o comportamenti sbagliati hanno impatti rilevanti (energia, medicina, mondo della finanza).

Sino agli anni ’40 si pensava che per compiere in maniera adeguata e sicura un compito e svolgere una funzione fosse essenzialmente necessario un unico requisito, ossia la giusta abilità ed esperienza (approccio “RightStuff”). A questo metodo d’indagine si è poi gradatamente sostituito l’approccio “Human Factor”, partendo dal presupposto che nel settore del trasporto aereo, la maggior parte degli incidenti non era legato a mancanza di abilità o inesperienza del pilota, ma a fattori quali la comunicazione tra i membri dell’equipaggio, coordinamento e capacità di prendere decisioni in tempo reale.

Il focus delle ricerche si è quindi spostato sulla questione dell’Affidabilità Umana intesa come “probabilità di riuscire a portare a termine un determinato compito senza commettere errori”.

Il Fattore Umano si riferisce a quegli elementi quali lavoro, organizzazione, e individuo che hanno influenza sul comportamento e, dunque, anche conseguenze sugli obiettivi di salute e sicurezza.

Per una corretta analisi di uno o più dei molteplici aspetti che caratterizzano un’organizzazione, come ad esempio un’azienda, viene precisato dall’Osservatorio Malattie Occupazionali e Ambientali, OSMOA, dell’Università degli Studi di Salerno, occorrerà quindi, innanzitutto, studiare: l’organizzazione nel suo complesso, addentrarsi nell’insieme di relazioni che legano i suoi elementi, (i materiali, le regole, le persone), passare, infine, alla gestione dei “modi di essere ed agire” dei gruppi sociali di individui.

A tal proposito, ha continuato OSMOA, è importante soffermarsi sulla gestione del rischio organizzativo residuo: il rischio organizzativo esiste, poiché l’organizzazione è composta di uomini che possono commettere errori, e va continuamente gestito in un processo di miglioramento continuo, il processo ha lo scopo di definire i criteri secondo i quali l’organizzazione valuta criticamente il proprio sistema, con l’obiettivo di verificare l’idoneità, l’adeguatezza e l’efficacia del sistema rispetto alla propria politica di HMS-OHS e ai requisiti della normativa vigente e della disciplina dei rapporti di lavoro. Questo processo è svolto in maniera analoga a quella dei sistemi di gestione già esistenti.

Il Fattore Umano si riferisce, quindi, a lavoro, organizzazione e individuo; tutti e tre questi fattori influiscono sul comportamento e quindi anche sulla salute e la sicurezza nel luogo di lavoro. Per ridurre i rischi connessi al Fattore Umano occorre intervenire, in primis, sulle modalità di gestione del lavoro e poi sul comportamento del singolo individuo.

La Normativa Europea in materia di salute e sicurezza sul lavoro riconosce l’importanza dell’Human Factor e sottolinea la necessità di creare modelli organizzativi che ne tengano conto, modelli che includano la formazione e l’informazione del lavoratore e la programmazione di attività che coinvolgano tutti i lavoratori (azioni di prevenzione).Tali principi vengono riportati dalla norma UNI ISO 45001 (Occupational health and safety management systems — Requirements with guidance for use) e dalle Linee Guida UNI-INAIL per i Sistemi di Gestione di Salute e Sicurezza sul Lavoro.

La prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro deve considerare il sistema lavorativo nel suo insieme, quindi prendere in considerazione tutte le condizioni che potrebbero portare a un infortunio.

Secondo diversi studi il Fattore Umano ricopre una responsabilità predominante negli incidenti sul lavoro, seppure non esistano statistiche esatte su tale argomento perché c’è una difformità nella raccolta dei dati in Europa e perché spesso i dati riguardanti gli incidenti che si verificano non sono adeguatamente completi per poter valutare l’effettiva incidenza del Fattore Umano.

Rimane il fatto che è sempre maggiore l’interesse a creare sistemi in grado di neutralizzare o minimizzare i comportamenti negligenti o difformi rispetto a quanto previsto dalla norma; in questo frangente è fondamentale distinguere il comportamento scorretto dall’errore involontario.

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Domenico Della Porta

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