sabato, 16 Novembre, 2024
Economia

La Banca d’Italia e le case non-green

La Banca d’Italia in un suo recente dossier della serie “Questioni di Economia e Finanza”, dal titolo “Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia: lo stato dell’arte e alcune considerazioni per interventi pubblici” non lascia alcun dubbio circa il trattamento che potrebbe essere riservato agli immobili non green nel nostro Paese dopo il recepimento della nuova Direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD).

“In alternativa, come accade in altri paesi quali ad esempio Francia e Regno Unito, si potrebbe valutare – suggerisce Bankitalia – di subordinare l’affitto al raggiungimento degli standard energetici minimi”. E poi aggiunge, perché qualcuno non pensi di fare il furbo, alla nota nr.51 dello stesso documento: “Questa misura andrebbe accompagnata da un rafforzamento nei controlli per evitare che si produca un incentivo a occultare le locazioni immobiliari.

Già qualche anno fa la Banca d’Italia, in sede di audizione presso le Commissioni Finanze riunite, nel corso dell’Indagine conoscitiva sulla Riforma Fiscale, aveva sostenuto che l’assenza di tasse sulla prima casa era una anomalia tutta italiana, in sintonia con quello che chiedeva da tempo Bruxelles. E si era messa sulla stessa lunghezza d’onda anche la Corte dei Conti, con il suo Presidente, Guido Carlino, sempre in audizione nel corso della medesima indagine, per avere maggiore equità e per garantire comunque gettito allo Stato, affermava che la soluzione migliore potrebbe essere “una patrimoniale” che colpisca sia il patrimonio personale che famigliare, quindi gli immobili (anche la prima casa), gli investimenti e la previdenza complementare.

La direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD), approvata a Bruxelles, prevede dei target in termini di consumi energetici degli immobili, con l’introduzione dell’obbligo di azzerare le emissioni per quelli di nuova costruzione a partire dal 2030.

Secondo la ricerca della Banca d’Italia, “Le norme della nuova direttiva potrebbero avere un impatto significativo per il patrimonio immobiliare italiano, al quale appartengono 36 milioni di abitazioni (su un totale di circa 77 milioni di unità immobiliari), con una quota significativa che presenta caratteristiche di performance energetiche insoddisfacenti. Il mercato immobiliare italiano si caratterizza per l’ampia quota di immobili in cui risiedono i proprietari, mentre la quota in affitto risulta rilevante solo per le famiglie più povere.

L’efficienza energetica degli edifici rientra tra gli strumenti previsti a livello europeo per favorire la transizione ecologica e ridurre l’impatto delle attività umane sull’ambiente.

La direttiva fissa i termini entro i quali dovranno essere totalmente azzerate le emissioni di tutti gli edifici nuovi. Per gli edifici esistenti, la direttiva prevede delle “traiettorie nazionali”. Il dossier del nostro Istituto Centrale ricorda che nel testo inizialmente proposto dalla Commissione ed esaminato da Consiglio e Parlamento veniva proposto un obbligatorio miglioramento della classificazione energetica per tutti gli edifici, mentre nella versione definitiva viene lasciata maggiore discrezionalità agli Stati membri, prevedendo alcune eccezioni agli obblighi di efficientamento. Gli Stati membri dal loro canto dovranno predisporre sostegni finanziari idonei a stimolare gli investimenti necessari nelle ristrutturazioni energetiche.

Nel 2022 in Italia vi erano circa 36 milioni di abitazioni. In base a elaborazioni sull’indagine delle famiglie del 2022 di fonte Istat, il 73 per cento delle famiglie vive in abitazioni di proprietà, il 17 per cento è in affitto e il residuo 10 per cento vive in usufrutto o in case occupate a titolo gratuito. Circa il 60 per cento delle famiglie più povere vive in alloggi di edilizia residenziale pubblica.

E’ evidente che per il futuro i prezzi delle abitazioni incorporeranno sempre più i benefici di una maggiore efficienza energetica degli edifici e gli investimenti privati in efficientamento energetico delle abitazioni beneficerebbero quindi di un rendimento di mercato.

Le banche pertanto dovranno essere sempre più coinvolte nella transizione verso una economia sostenibile. In pratica dovranno svolgere un vero e proprio ruolo di pedagogia sociale indirizzando le loro risorse secondo le indicazioni di Bruxelles.

Considerate condizioni patrimoniali e reddituali delle famiglie che hanno abitazioni in affitto (4,6 milioni) l’impiego di risorse pubbliche diventerà particolarmente utile se non necessario, anche perché attualmente sono particolarmente ridotte.

Per quanto riguarda gli interventi a carico del bilancio pubblico, sarà importante effettuare una selezione dei beneficiari e degli immobili da agevolare in modo tale da indirizzare le risorse che saranno sempre limitate prevalentemente alle famiglie bisognose (es. individuate in base all’ISEE) e, a parità di condizioni familiari, alle abitazioni meno efficienti in termini energetici. In caso di abitazioni in affitto private, potrebbe essere valutata l’ipotesi di concedere incentivi fiscali rafforzati (ad esempio, forme di tassazione agevolata del canone) al raggiungimento di determinati livelli di efficientamento energetico, – ci risiamo con le minacce – insistendo con proporre di “subordinare la locazione al rispetto di standard minimi, come accade in altri paesi”.

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