Recuperare monumenti in marmo peperino danneggiati grazie a nuove metodologie basate su nanomateriali, diagnostica e sensoristica avanzate, modelli 3D e droni, che consentono di ridurre tempi e costi di intervento. È quanto è stato messo a punto dal progetto Colline, coordinato da Enea, finanziato dalla Regione Lazio e presentato durante il workshop “Nuove tecnologie a servizio dei Beni Culturali” che si è svolto nel Centro Ricerche Enea di Frascati. Il progetto, al quale partecipano anche le Università degli Studi della Tuscia e “Sapienza” di Roma e le due aziende De Feo Restauri ed Eagleprojects, si è focalizzato sul recupero di due opere in peperino a Viterbo: il pulpito della chiesa di San Francesco alla Rocca e la fontana di San Faustino. Per consentire il recupero immediato di questi manufatti pregiati e una protezione duratura rispetto ad agenti esterni come umidità e attacchi biologici, i ricercatori hanno utilizzato materiali biocompatibili e sostenibili, quali oli essenziali, ma anche nanomateriali innovativi appositamente ideati e progettati nei laboratori Enea della Divisione per le tecnologie fisiche e sicurezza a Frascati (Roma).
Deterioramento degli edifici
“Le superfici di monumenti ed edifici storici esposti agli agenti atmosferici mostrano segni di deterioramento che si manifestano in forme e modalità diverse, anche a seconda dei tempi di esposizione e dell’orientamento delle superfici”, spiega Valeria Spizzichino del Laboratorio Diagnostiche e metrologie”. “Il tempo, l’assenza di interventi di conservazione, come anche processi chimici, fisici e attacchi biologici possono causare danni estetici e strutturali dei materiali lapidei utilizzati nei monumenti storici, minando la loro stabilità e inficiando la fruibilità del bene”, aggiunge. Mediante tecniche di imaging multispettrale, Fluorescenza Indotta da Laser (LIF), Spettrofotometria VIS-IR, e colorimetria, il gruppo di ricerca ha eseguito la caratterizzazione ottica e spettroscopica che ha permesso di identificare e mappare i materiali originali degli artefatti lapidei, le forme di degrado ma anche le tracce di precedenti restauri.
I sensori innovativi
L’identificazione dei biodeteriogeni presenti sui manufatti è stata effettuata sul posto utilizzando sistemi commerciali e innovativi lidar fluorosensori sviluppati nei laboratori ENEA, che hanno anche confermato l’efficacia dei trattamenti stessi e la non insorgenza di nuove forme di degrado. Sul pulpito di San Francesco alla Rocca le condizioni ambientali e microclimatiche sono state valutate e controllate tramite l’uso di sensoristica in fibra ottica di tipo FBG (a reticolo di Bragg), sensori commerciali di temperatura e sensori di umidità innovativi, ideati e realizzati da ENEA. Questi dati, tuttora in acquisizione, consentiranno di differenziare l’azione degli agenti atmosferici su superfici diversamente esposte e di correlarla con i diversi tipi di biodegrado rilevati. Infine, grazie all’utilizzo di droni e laser scanner 3D, è stata realizzata una mappatura dettagliata dei beni oggetto di studio e anche i relativi modelli 3D, successivamente inseriti all’interno di una piattaforma web-GIS, che permette di visualizzare e misurare gli oggetti con estrema precisione. In questo modo, grazie alle informazioni sullo stato di conservazione dei manufatti che può essere aggiornata in base agli input trasmessi dalla sensoristica e provenienti dalle tecniche di diagnostica, è stata realizzata una mappa georeferenziata, interrogabile e monitorabile.