Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica di Milano
L’Ucraina è in difficoltà. Putin si prepara ad una forte offensiva sostenuta da un’industria bellica russa tornata a produrre a pieno regime, da armi che arrivano dall’Iran e dalla Corea del Nord e dal reclutamento di altre migliaia di soldati.
E intanto i 60 miliardi di aiuti stanziati da Biden rimangono bloccati dai trumpiani forse fino alle prossime elezioni presidenziali. L’Europa è in campagna elettorale e i nuovi vertici dell’Ue non saranno al completo prima di ottobre. Che fare per evitare un ulteriore indebolimento di Kyiv?
Possiamo innanzitutto continuare a mandare le armi promesse e magari incrementarne la quantità. C’è poi l’impegno da parte dei Paesi dell’Alleanza atlantica a fornire 100 miliardi di dollari di aiuti in 5 anni all’Ucraina.
Purtroppo non possiamo fare niente per sbloccare i 60 miliardi congelati dal Congresso Usa. Ma possiamo fare la nostra parte e se, come si dice, i nostri arsenali si sono abbastanza svuotati dovremmo andare a reperire armi sui mercati internazionali secondo il modello usato dalla Repubblica Ceca. Nel frattempo bisogna sicuramente aumentare la capacità produttiva di armi e munizioni da parte delle nostre fabbriche invertendo la rotta che nel recente passato ha portato a scelte suicide in tema di armamento.
Ci sono dei Paesi che dovrebbero fare da capofila in questa operazione di fornitura di armi a Kyiv. Penso al Regno Unito, alla Francia che ha più capacità bellica e meno vincoli rispetto alla Germania?
La Germania è molto più vicina all’Ucraina e sa bene i rischi che corre essendo separata da una Russia aggressiva solo dai confini polacchi. Scholz ha fatto e sta facendo molto nonostante sia sostenuto da una maggioranza rossoverde che deve fare i conti con un’opinione pubblica un po’ perplessa e a volte ostile all’invio di armi, perché vittima di una narrazione per cui la pace si fa chiacchierando e non mettendo l’aggressore nella condizione di non poter vincere. La Francia sta adottando una serie di provvedimenti volti a incrementare sia la produzione sia l’invio di armi in Ucraina.
L’Europa nonostante sia in fase elettorale e di cambiamento delle sue istituzioni potrebbe accelerare le procedure per l’ingresso dell’Ucraina in modo da offrire un ombrello protettivo al popolo ucraino e farlo sentire più tranquillo anche nell’ipotesi di una trattativa che non contempli la totale liberazione dei territori illegalmente occupati da Putin?
Fornire armi all’Ucraina e contemporaneamente provvedere rapidamente ad aumentare lo stock di armamenti e a migliorare la difesa, a sentire l’intervento del Capo di Stato maggiore della difesa ammiraglio Cavo Dragone in Parlamento, sono due facce della stessa medaglia. Va spiegato all’opinione pubblica con molta franchezza altrimenti continuiamo ad alimentare illusioni. Accelerare l’ingresso di Kyiv in Europa non è una merce di scambio con il tentativo di rinunciare a essere al fianco del popolo ucraino che vuole liberare i propri territori.
Qual è la sua previsione per i prossimi mesi visto che siamo in una fase di profonda incertezza sia sul piano militare che su quello diplomatico?
Difficile fare previsioni ma non darei per sconfitto il popolo ucraino che sta mostrando un enorme coraggio e la determinazione a voler restare libero. Noi dobbiamo dargli una mano colmando i gravi ritardi accumulati. L’auspicio è che l’Italia, la Francia e la Germania insomma accelerino sulle nuove forniture di armi, sia quelle che hanno in proprio, anche producendo di più, sia quelle che si devono cercare sui mercati internazionali per colmare il vuoto lasciato dal blocco dei fondi Usa. Dobbiamo ricordare che stiamo difendendo non solo la sovranità dell’Ucraina – che pure dovrebbe starci a cuore – ma anche la nostra sovranità e la nostra libertà.
Putin sembra intenzionato non solo a riprendersi i territori che erano stati liberati dagli ucraini ma anche ad allargare ulteriormente la sua occupazione illegale dell’Ucraina e minacciare anche Paesi della Nato. L’uso degli F16 potrebbe costituire un deterrente efficace per fermarlo?
È senz’altro molto importante. Non è un caso che i russi non stiano facendo volare niente in questo periodo. Tra l’altro i generali di Mosca sono ben consapevoli del gap che hanno nei confronti della potenza aerea e navale della Nato. Basterebbe quindi fornire armi moderne agli ucraini e poi disporre le nostre forze aeree e navali a protezione del territorio della NATO per scongiurare qualsiasi realistica ipotesi di minaccia da parte russa. Bisogna accelerare i progetti per la costituzione della base di Costanza in Romania e passare alla fase operativa del rafforzamento del fronte orientale della NATO. I 300.000 uomini di cui si parla come se fossero già operativi ancora non ci sono e invece bisogna affrettarsi a schierarli in maniera permanente sui confini per dare credibilità alla dissuasione.