Niente di nuovo, ma confermato; l’università italiana sarà una delle istituzioni che finirà sotto pressione per il calo demografico. E’ quanto sostiene una proiezione di Mediobanca che attraverso una ricerca dell’ufficio studi rivela come entro il 2040 potrebbero venire a mancare 415mila laureati di cui, tra l’altro, l’Italia ha fortemente bisogno. Oltre il 21% degli 1,95 milioni di iscritti oggi in Italia. Lo studio analizza i dati al 2022 di 92 atenei (61 statali, 31 privati), e registra un decremento degli iscritti nel pubblico (l’82,2% del totale, dal 91,8% del 2012), il consolidamento degli atenei privati tradizionali (dal 5,7% al 6,3% degli iscritti totali) e il decollo delle università telematiche, frequentate ormai dall’11,5% delle matricole (2,5% nel 2012).
Diversificazione degli studi
Dunque non soltanto calano drammaticamente gli studenti universitari, ma si diversificano altrettanto drammaticamente i percorsi di studi con valutazioni e specializzazioni che diventano sempre meno omogenee. Il rapporto di Mediobanca rivela “un evidente depauperamento della popolazione universitaria”, soprattutto nel Sud Italia, dove ci sarà un crollo delle iscrizioni superiore al 27%. Con anche una diminuzione degli introiti dalle tasse che si ripercuoterà sulla gestione delle strutture e degli organici. L’Italia investe l’1% del Pil per la formazione universitaria, contro l’1,3% medio nell’Ue e l’1,5% medio nei Paesi Ocse. Una spesa pubblica che copre solo il 61% dei costi di formazione superiore degli italiani (in Europa la media è il 76%), mentre il resto tocca quasi solo alle famiglie; 33% della spesa totale, oltre il doppio del 14% medio europeo.
E non ci sono immigrati
Entro il 2041 in Puglia, Basilicata, Molise e Sardegna la diminuzione del corpo studentesco supererà il 30%. Meno netto ma comunque grave il calo al Nord (-18,6%) e del Centro Italia (- 19,5%). La diminuzione della popolazione universitaria non verrà compensata con l’immigrazione, così come avviene, nonostante alcuni demografi-statistici, per la popolazione in generale. L’attrattività internazionale degli atenei italiani, inoltre, resta molto scarsa soprattutto al Sud con solo il 2,5% di iscrizioni internazionali. In questo ambito arretrano le università del Sud (-16,7% di iscritti) e delle Isole (-17,1%), a fronte dei progressi di quelle del Nord Ovest (+17,2%) e del Nord Est (+13,4%).
Tariffe molto diverse
Infine, studiare costa sempre di più. Le tre categorie di università, pubbliche, private e online, hanno tariffe di iscrizione molto diverse che il report dell’Area Studi di Mediobanca prova a mettere in fila: si va dai 1.374 euro in media richiesti dalle università pubbliche ai 2.147 euro delle università online, fino ai 7.447 euro delle università private tradizionali. Nel 2022, le pubbliche hanno generato entrate operative per un totale di 14,3 miliardi di euro, così suddivise: il 22% proveniente da entrate proprie (tariffe di iscrizione e ricavi dalla ricerca), il 73,4% da contributi, la maggior parte dei quali provenienti dal Ministero dell’Università, e il restante 4,6% da altre fonti di ricavo. In totale, questo ammonta a 8.900 euro per studente.