Come in agricoltura anche per le imprese si moltiplicano i dubbi sul mercato del carbone, il cosiddetto Cbam, che l’Unione europea si era inventata per ridurre le emissioni di carbonio a partire dal 2026: il rischio è che noi lo facciamo, ma gli altri no. “Il nuovo sistema europeo di tariffe sulle importazioni carbon-intensiveche partirà nel 2026 riuscirà solo marginalmente a tagliare le emissioni globali” sostengono le associazioni di categoria. Avrebbe molto più effetto sulla riduzione di gas serra mantenere il mercato del carbonio attuale su prezzi almeno di 100 euro a tonnellata di CO2. Perché sia realmente efficace, il nuovo strumento Ue – il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) – dovrebbe essere replicato sistematicamente anche in altre regioni, non a macchia di leopardo come si prospetta oggi.
Confapi: gravi danni alle imprese
Il presidente di Confapi, Cristian Camisa, dice che “Confapi è stata la prima associazione a prendere posizione nei mesi scorsi su una tematica che, se non ricalibrata, potrebbe creare gravissimi danni all’industria Italiana. È fondamentale che le associazioni datoriali e la politica lavorino assieme per la revisione del Cbam oggi rivolto a colpire solo le materie prime prodotte in Paesi extra europei con alto contenuto di CO2, lasciando invece completamente spalancata la porta europea all’importazione dei semilavorati e dei prodotti finiti prodotti con ancor più alte emissioni”. Secondo un’analisi dell’Asian Development Bank (ADB) il Cbam non funzionerà e bene che vada riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra globali di appena lo 0,2% rispetto a un mercato del carbonio con prezzi di 100 euro per tonnellata e nessuna tariffa sul carbonio. Mentre danneggerà sicuramente il giro di affari dei produttori dell’Eurozona.
Buone intenzioni, ma…
Il Cbam fa parte del pacchetto legislativo Fit for 55 ed è attivo, in una prima fase di rodaggio, da ottobre 2023. E’ una tassa sulle importazioni di prodotti ad alto utilizzo di carbonio: cemento, acciaio, alluminio, elettricità, fertilizzanti. Per ore le aziende che importano hanno l’obbligo di rendicontare, ma tra due anni sarà applicata una tariffa. Albert Park, economista dell’Adb scrive che la soluzione non è da scartare completamente, ma per poter funzionare dovrebbero adottarla tutti: “per ridurre significativamente le emissioni di carbonio a livello globale: le iniziative sulla tariffazione del carbonio devono essere estese ad altre regioni al di fuori dell’UE, in particolare all’Asia”.
Ricorso all’esternalizzazione
Il presidente di Confapi, Camisa, aggiunge che “il rischio concreto è che molte grandi industrie, se non ci saranno correttivi quanto prima, decidano di esternalizzare in Paesi Extra Ue il processo di trasformazione oggi fatto dalle piccole e medie industrie Italiane. Occorre difendere il nostro tessuto industriale e lavorare in Italia e in Europa per modificare un provvedimento che rischia di mettere a repentaglio decine di migliaia di imprese”. Anche per il presidente di Uionmeccanica, Luigi Sabadini, c’è da correre ai ripari: “il Governo va impegnato perché si attivi nelle sedi comunitarie a mitigare gli effetti distorsivi della Cbam, estendendone l’applicazione ai prodotti finiti la cui impronta carbonica ecceda quella comunitaria”.