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Regole mondiali per non ricadere negli errori del passato

domenica, 22 Marzo 2020
2 minuti di lettura

Le crisi, gli eventi traumatici servono ad interrogarsi sugli errori commessi, con la speranza di non ripeterli di nuovo. Non sempre questo avviene. Ad esempio, non avvenne dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, e infatti ne scoppiò un’altra ben peggiore dopo soli 20 anni.

La pandemia contro cui stiamo combattendo sicuramente segnerà un punto di svolta, nella storia del mondo, ma sta a noi, e soprattutto a chi ci governa, decidere se ne usciremo andando avanti o invece tornando pericolosamente indietro.

La pandemia non è colpa della globalizzazione, ma la mancata strategia mondiale nei suoi confronti deve farci riflettere sulle lacune di questo fenomeno che alcuni demonizzano pensando che un mondo non globalizzato e chiuso in tanti steccati sia migliore di uno in cui si condividono gioie e dolori di una vita associata che marcia comunque verso l’integrazione.

Di fronte a problemi come i cambiamenti climatici, grandi pandemie, enormi flussi migratori di popolazione, povertà e crisi economiche globali ricorrenti nessun Paese può pensare di fare da solo. Se i problemi sono mondiali servono soluzioni mondiali e comunque integrate.

Questo vale per la salute che è sempre più esposta, come ha spiegato Bill Gates, ad eventi che se non governati bene in maniera sovranazionale, possono sfuggire di mano e arrecare danni enormi all’umanità.

Ma l’approccio globale ai problemi vale anche per le crisi economiche.

Giulio Tremonti ha fatto bene a ricordare sul “Corriere della sera” (15 marzo) cosa successe all’indomani della devastante crisi finanziaria del 2008.

All’interno del G20, nel 2009 l’Italia aveva proposto la visione politica del Global Legal Standard, cioè la necessità di scrivere nuove regole comuni non limitate alla sola finanza ma all’intera economia, passando dal Free trade al Fair trade, non solo libertà di commercio per incrociare domanda e offerta ma regole anche sulla produzione. Come ricorda Tremonti, fu redatto anche una bozza di Trattato internazionale multilaterale scritto da politici e studiosi italiani e dall’OCSE che l’approvò all’unanimità. ma a questa impostazione globalista e razionale fu preferita la visione del Financial Stability Board, limitato alle regole per rendere meno sfrenata la finanza mondiale, senza occuparsi del resto, inclusi i prevedibili rischi sociali, etici e ambientali, citati dall’art.4 del Trattato.

Avendo messo in soffitta la visione delle regole comuni in economia e della gestione delle crisi comuni non solo economiche siamo arrivati, dopo 12 anni, ad un altro tsunami, questa volta partito dal blocco dell’economia reale, con la paralisi delle produzioni, del commercio e dei consumi e che si trascinerà dietro anche una valanga mostruosa che investirà la finanza.

La miopia del dopo 2008 dovrebbe essere di lezione a quanti oggi pensano che sarebbe meglio se ogni Paese si facesse gli affari propri. Senza una gestione politica mondiale dei grandi problemi, economia, finanza, ambiente e sanità il mondo sarà sempre più esposto a terremoti catastrofici in qualcuno di questi settori.

Rileggendo il dibattito di 11 anni fa ci si rende conto di quanto quell’impostazione proposta dall’Italia fosse innovativa, razionale e a suo modo rivoluzionaria. È una visione politica dei problemi mondiali che andrebbe ripresa e aggiornata.

E ci si augura che le nuove generazioni crescano con questa idea della soluzione mondiale dei problemi e non seguano le predicazioni di pifferai magici che li trascinino indietro in una visione del mondo che ha fatto solo danni enormi.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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