Dopo oltre un anno di rinvii, è iniziato il processo contro Jimmy Lai, il rinomato editore attivista di Hong Kong, figura di spicco nella lotta per la libertà di stampa e i diritti democratici. Arrestato durante la repressione cinese contro i dissidenti, il settantaseienne Lai si trova ora a rischio di una condanna all’ergastolo in virtù di una legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino in seguito alle proteste pro-democrazia del 2019. Jimmy Lai, entrato nel mondo mediatico di Hong Kong circa tre decenni fa, ha sempre creduto che fornire informazioni fosse sinonimo di proteggere la libertà. Il suo quotidiano pro-democrazia, Apple Daily, divenne un simbolo della resistenza civile. Tuttavia, la legge sulla sicurezza nazionale, introdotta nel 2020, ha posto fine al giornale e ha portato all’arresto di Lai, accusato di collusione con forze straniere e cospirazione per pubblicazioni sediziose.
Libertà di stampa
Il caso di Jimmy Lai è diventato uno spartiacque per la libertà di stampa e l’indipendenza giudiziaria a Hong Kong. Dopo il ritorno della città sotto il dominio cinese nel 1997, venne promessa la conservazione delle libertà civili in stile occidentale per almeno 50 anni. Il processo di Lai mette alla prova questa promessa. Le accuse contro Lai derivano dai suoi incontri con il vicepresidente Mike Pence e il segretario di Stato Mike Pompeo durante le proteste del 2019. Lai scese in strada per esprimere il suo dissenso contro un disegno di legge sull’estradizione che, seppur alla fine ritirato, aveva scatenato le proteste di massa. La legge sulla sicurezza nazionale è stata introdotta in risposta a questi eventi.