domenica, 29 Settembre, 2024
Esteri

Gentiloni: sostegno a Kyiv e allargamento. Ue prima del “rischio” Trump

Preoccupato per un eventuale cambio alla Casa Bianca, il commissario all’economia dell’Unione europea, Paolo Gentiloni, ha detto che “dobbiamo essere chiari nel sostegno all’Ucraina e dobbiamo farlo adesso prima della polarizzazione che arriverà nella campagna elettorale Usa l’anno prossimo” dove “uno dei due competitor avrà probabilmente una posizione ostile”, e “questa posizione potrebbe cambiare il vento in Europa.” Insomma, secondo Gentiloni, l’Europa deve decidere in fretta sull’allargamento all’Ucraina in prospettiva di un futuro che potrebbe far tornare Trump alla Casa Bianca. Gentiloni ha anche osservato che”sembra avverarsi quella frase di Papa Francesco quando parlò di una possibile nuova guerra mondiale a pezzetti e siamo dentro un contesto che evoca quella preoccupazione”. Lo speech del commissario è avvenutoall’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ieri mattina, sul tema: “Un’Europa protagonista? Sfide e opportunità in un mondo che cambia” introdotto dal rettore Franco Anelli, che ha osservato come “i mesi prossimi saranno cruciali: da un lato, la grave – e a tratti preoccupante – crisi internazionale, all’interno della quale ci auguriamo che l’Unione europea possa ricoprire un ruolo stabilizzatore e di pace; dall’altro, una lunga campagna elettorale che si concluderà nel giugno 2024 con il rinnovo del Parlamento europeo”.

“Erbivoro” in un mondo di “carnivori”

“L’autonomia strategica come orizzonte di lavoro in Europa”, ha aggiunto il commissario Ue, “non vuol dire derive protezionistiche e concorrenza alla Nato, ma piuttosto consapevolezza che l’Europa non può essere l’unico erbivoro in un mondo di carnivori.” Si tratta di “difendere i nostri valori”, ha spiegato Gentiloni, perché “tenersi stretto il modello del pluralismo e dello stato di diritto” dei risultati li produce, e qui ha citato il risultato elettorale polacco, dove i partiti europeisti potrebbero tornare al governo. Ma l’ex Presidente del Consiglio ha anche avvertito che questa assunzione di responsabilità da parte dell’Unione europea ha anche aumentato le aspettative: “con questa accresciuta domanda dovremmo fare i conti per evitare che l’invocazione di più Europa lasci spazio alla demonizzazione se non riusciamo a rispondere”.

Più fondi a Italia e Spagna

Un’Europa più presente e proattiva, però, deve essere anche messa nelle condizioni di poter agire: “dobbiamo trovare un accordo sulle regole del Patto di stabilità e sulle regole fiscali”, ha spiegato il commissario europeo all’Economia, perché per i prossimi mesi l’aspettativa è quella di un “contesto di rallentamento dell’economia.” E poi ha avvertito che sul “green deal” non si dovrebbe abbandonare “l’ambizione di avere un ruolo di leadership globale”, anche se va gestita con “pragmatismo e buon senso.” Insomma Gentiloni pensa a un’Europa trainante sulla transazione climatica, ma servono nuove regole fiscali e un Patto di stabilità in un contesto complicato e con prospettive incerte. Usare bene, quindi, i fondi comuni diventa sempre più “importante in tutti i paesi europei e in particolare in paesi come Italia e Spagna che hanno avuto un volume maggiore di contributo e il successo dei piani nazionali determina l’esito positivo o negativo dell’operazione in Europa.”

Allargamento e nuovi equilibri

L’equilibro da cercare, tra 27 paesi, “è difficilissimo”, e ancora di più se l’Unione dovesse diventare a 33 o 34 membri. In quest’ultima prospettive, spiega Gentiloni,   l’Eurozona “non può non avere diversi livelli di integrazione al proprio interno. Dobbiamo cercare un equilibrio difficilissimo per consentire a questo edificio di allargarsi e contemporaneamente vivere secondo le proprie regole.” Tra l’altro, ha ricordato, ancora oggi 20 paesi hanno adottato l’euro e sette no. Alcuni hanno Schengen e altri no. Infine il commissario ha aggiunto che “tra le novità dell’Ue in questi anni”, dentro il discorso dell’autonomia strategica, “c’è la scelta di impegnarsi in politiche industriali comuni – una bestemmia dieci anni fa a Bruxelles – che possono consentire all’Europa di partecipare alla corsa globale per la competitività”. “Nelle regole”, ha concluso, “noi siamo bravissimi, i migliori tecnocrati”, ma “bisogna impegnarsi in politiche industriali comuni, che dopo il 2026 hanno bisogno di fondi comuni: se non siamo in gradi di finanziare con fondi comuni obiettivi comuni, e pensiamo di cavarcela solo con il modello regolatorio, rischiamo di restare indietro”.

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