Difendere le nostre democrazie significa più armi, più cooperazione e diplomazia. Senza la deterrenza militare la diplomazia è un’anatra zoppa, la cooperazione un’opera caritatevole del tutto irrilevante e la pace uno slogan che prelude alla sconfitta dei nostri valori.
Difendere la libertà e la democrazia costa. È un’ovvietà che purtroppo non entra nella testa di certi pacifisti che vorrebbero l’addio alle armi dell’Occidente, la sua resa incondizionata agli aggressori, in nome di un quieto vivere che, in realtà, sarebbe il preludio al non-vivere delle nostre democrazie libere.
Negli ultimi 15 anni, Stati Uniti ed Europa, con una serie di gravi errori di valutazione delle strategie di Cina e Russia, hanno ampiamente sottovalutato l’avanzamento, neanche tanto nascosto, delle autocrazie aggressive che non hanno fatto mistero della loro strategia: scalzare le democrazie libere e sostituirle con il loro modello autoritario.
Putin lo affermò esplicitamente nel giugno 2019 al Financial Times “Il liberalismo è un’idea superata”. Più felpato Xi Jinping ha sempre sostenuto che “Se un Paese è democratico lo stabilisce il suo popolo” che però in Cina non è libero di dissentire dal potere assoluto del partito comunista.
Ma né la Russia né la Cina si sono limitati alle parole. Putin ha avuto mano libera in Siria, Cecenia e vari Paesi centrafricani, ha seminato zizzania nell’Ossezia del Sud, in Abkhazia e Transnistria, si è impadronito prima della Crimea e poi ha invaso l’Ucraina. La Cina ha soffocato qualsiasi barlume della libertà di cui Hong Kong aveva beneficiato per decenni, ha occupato siti nelle isole Spratly, spadroneggia nel Mar Cinese meridionale e minaccia un giorno si e l’altro pure la democratica Taiwan. La Russia ha trovato un alleato nell’Iràn che vuole la distruzione dello Stato d’Israele e a questo fine finanzia sia gli sciiti di Hezbollah che i sunniti di Hamas.
Mentre l’Europa vivacchiava senza un’idea di politica estera comune, mentre gli Stati Uniti si dilaniavano sull’onda di un trumpismo nefasto per l’unità nazionale americana, mentre Netanyahu spaccava in due gli israeliani paralizzando psicologicamente il Paese per due anni, i nemici dell’Occidente si davano da fare. Ed eccoci adesso di fronte a due guerre in meno di 20 mesi, entrambe pericolosissime. Biden lo ha detto chiaro e tondo agli americani: serve un impegno economico straordinario per aiutare militarmente Ucraina e Israele. ”È una questione di sicurezza nazionale” Vorremmo sentire le stesse parole dai leader europei, perché se Putin dovesse spuntarla in Ucraina e se Israele dovesse soccombere all’Iran e alle sue marionette Hamas ed Hezbollah, allora si che sarebbe inevitabile la terza guerra mondiale di cui tanto si riempiono la bocca gli anti-occidentali pacifisti a chiacchiere di casa nostra.
Siamo ancora in tempo. Ma difendere le nostre democrazie significa spendere di più in armi, cooperazione e diplomazia. Senza la deterrenza militare, la diplomazia è un’anatra zoppa, la cooperazione un’opera caritatevole del tutto irrilevante e la pace uno slogan che prelude alla sconfitta dei nostri valori.