La produzione di vino italiana ha subito negli ultimi tempi un calo del 12% rispetto all’anno precedente collocando il 2023 fra i peggiori della storia del vigneto d’Italia nell’ultimo secolo, insieme al 1948, al 2007 e al 2017. Secondo quanto emerge da un’analisi della Coldiretti, quest’anno e per la prima volta, l’Italia potrebbe non essere più il maggiore produttore mondiale di vino, superata in quantità dalla Francia che dovrebbe produrne 45 milioni. L’esercito del vino conta 1,5 milioni di persone impegnate direttamente nei campi, nelle cantine e nella distribuzione commerciale, ma anche nelle attività collegate, dall’enoturismo alla cosmetica fino alle bioenergie.
Successo nell’export
La sfida con i cugini francesi, sottolinea Coldiretti, “si concentra sulla valorizzazione della produzione, che in Italia può contare su 635 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt). Il processo di qualificazione del vino Made in Italy è confermato dal successo dell’export anche in Francia dove però si richiedono sempre più bottiglie italiane, con un balzo del +18,5% in valore delle esportazioni nazionali di vino Oltralpe.
“Tutelare la salute dei cittadini”
Una risorsa fondamentale per il Made in Italy sul cui futuro pesano però le incognite legate alle politiche adottate dall’Unione Europea, come ad esempio, la decisione di approvare l’introduzione di etichette ‘allarmistiche’ sul vino decisa dall’Irlanda. “Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini” secondo la Coldiretti “non può tradursi in situazioni che rischiano di criminalizzare i prodotti
Rischi per il vino italiano
Per Coldiretti, il vino deve però affrontare numerose insidie, tra queste la decisione della Ue di autorizzare nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol, anche nei vini a denominazione di origine alla pratica dello zuccheraggio, fino al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni del prodotto ottenuto dalla fermentazione di altri frutti, come lamponi e ribes. A destare preoccupazione sono anche i rischi legati alle richieste di riconoscimento di denominazioni che evocano le eccellenze Made in Italy, come nel caso del Prosek croato, un vino dolce da dessert proveniente dalla zona meridionale della Dalmazia, contro cui l’Italia ha fatto ricorso verso la domanda di registrazione tra le menzioni tradizionali