martedì, 17 Dicembre, 2024
Società

La strategia globale di Leone XIII a 120 anni dalla scomparsa

Il grande Pontefice Leone XIII, che era nato nel 1810 e morto il 20 luglio 1903, cioè 120 anni fa, ebbe in tutta la sua vita un disegno unitario – oggi si direbbe una vera e propria strategia globale – nell’ambito del quale la stessa Rerum Novarum per quanto importantissima, innovativa e profetica, non fu che un passaggio, un tassello di tutto il mosaico. Papa Pecci era un Papa già avanti negli anni quando fu eletto al soglio pontificio, il 20 febbraio 1878, quindi a 68 anni. Egli che avrebbe dovuto essere perciò un Papa di transizione, invece fu determinante nella sfida alla modernità, scendendo sul suo stesso terreno. Egli creò un Centro studi di eminenti studiosi riuniti nell’Accademia delle Conferenze storico-giuridiche che avrebbe dovuto approfondire il diritto romano, il diritto civile e il diritto economico, il diritto cioè della società e quello della Chiesa, comparandoli tra loro e traendone il meglio da ciascuno. Promosse una rivista di altissimo livello come Studi e documenti di Storia e di diritto, sulla quale scrivevano i più conosciuti docenti e ricercatori del tempo, cattolici e laici da Camillo Re a Salvatore Talamo, da Ilario Alibrandi a Giuseppe Gatti. Si insegnavano all’Accademia: economia, sociologia, neuropsichiatria forense, diritto cambiario e commerciale e furono introdotte le discipline scientifiche più moderne. Ed al Seminario di Roma si insegnava nientemeno che ipnotismo e medicina legale. Questo fervore di studi portò prima alla stesura dell’Enciclica Aeterni Patris nel 1879, alla cui redazione collaborarono anche il fratello del Papa, Giuseppe Pecci, docente all’Apollinare ed all’Accademia delle Conferenze, sulla riscoperta ed il rilancio della filosofia di San Tommaso. Diceva il Papa “bisogna risalire, risalire più che si può alle fonti”. Questa attività portò alla istituzione di nuove cattedre preso il Seminario Maggiore di Roma, come quella di fisica sperimentale. Portò, ancora, alla apertura degli Archivi Vaticani, con l’istituzione di una Scuola di Paleografia e Diplomatica, ed al potenziamento della Biblioteca Vaticana, introdusse perfino l’uso delle conferenze stampa, alle quali partecipavano centinaia e centinaia di giornalisti: ad una del 1879 ne furono presenti altre mille, un numero esorbitante ed impensabile per quei tempi.

La Rerum Novarum, la sua enciclica sociale più nota, come sottolineò Rocco Buttiglione nella prefazione ad una mia piccola opera sulla Dottrina Sociale della Chiesa che vide la luce in occasione del centenario di quella enciclica, perciò deve essere inserita nel quadro di tutte le altre encicliche di Papa Pecci e soprattutto dell’enciclica Libertas, che anche San. Giovanni Paolo II ricordò in un suo documento. Essa perciò completava il panorama degli interventi del Magistero sui vari aspetti della vita della Chiesa, del cittadino, della società. In tal modo il Papa rivendicava alla Chiesa in un periodo – come ricordò San. Giovanni Paolo II nella sua Centesimus Annus – nel quale il diritto-dovere della Chiesa di dare giudizi ed orientare l’attività sociale e politica era ben lungi dall’essere accettato, il compito originario affidatole da Cristo di concretizzare la sua missione evangelizzatrice nell’annuncio anche della sua dottrina sociale. In un tempo in cui, da un canto, il socialismo voleva sradicare completamente dal cuore dell’uomo e dalle viscere della società il senso religioso, ed il liberalismo, dal canto suo, intendeva neutralizzare il messaggio evangelico, rendendolo un sentimento intimo ed ininfluente nella società, rinchiudendolo nel privato dell’uomo. In effetti in ogni epoca la Chiesa madre e maestra ha annunciato non solamente la verità rivelata, ma anche denunciato le situazioni di ingiustizia ed ha dato consigli ed orientamenti per cambiare l’uomo e la società. Così come aveva insegnato Gesù Cristo fin dalle sue prime predicazioni. Ma da quel momento, da quel 1891 con la Rerum Novarum, la Dottrina Sociale della Chiesa si svilupperà, “osservando, giudicando ed agendo”, come ripeteva Pio XI. E tutti i Pontefici, riprendendo la metodologia proprio della Rerum Novarum, hanno sempre denunciato con forza le ingiustizie indipendentemente dalle ideologie, dalle dottrine e dai sistemi economici, che di tempo in tempo si sono andati affermando nel mondo. E proprio in relazione alle cose che non vanno nel mondo, sia nei paesi più liberi e ricchi che in quelli più oppressi e poveri, i Papi con il loro magistero hanno suggerito soluzioni e rimedi, puntando sulla responsabilità personale e andando direttamente al cuore dell’uomo.

Centoventi e più anni fa, in tutta la seconda metà dell’Ottocento vi fu un’aggressione senza precedenti al cristianesimo ed un tentativo di soffocamento culturale compiuto sotto l’egida formale delle libertà civili e all’insegna della religione del progresso. A quella aggressione la comunità ecclesiale ed il mondo cattolico nel suo insieme seppero reagire con un insospettato vigore. Ci fu una straordinaria fioritura di vocazioni religiose e la presenza cattolica nella società si fece più capillare. In quel contesto si collocò il Magistero di Leone XIII che nasceva dalla volontà di risposta a quell’attacco ed offriva una originale e nuova soluzione ai problemi del tempo.

Anche oggi, come centoventi anni fa stiamo assistendo ad “un’aggressione al fatto cristiano di una virulenza senza precedenti” ancora più radicale di quella del secolo XIX, ma a differenza di allora non si vedono all’orizzonte reazioni adeguate.

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