Cosa ha ottenuto Prigozhin per ritornare sui suoi passi e smettere di marciare su Mosca? lo sapremo presto. Ma di certo il suo non può essere stato solo un bel gesto. Putin non ha mai nominato Prigozhin e Prigozhin non mai nominato Putin. Ma il duello finale è tra loro due. E solo uno risulterà alla fine vincitore. Se Putin, per ammansire il suo ex sodale, sacrificherà Shoigu diventerà un’anatra zoppa e dovrà mettere in conto una resa dei conti delle forze armate nei suoi confronti . Putin d’altro canto non avrebbe potuto reggere a una sanguinosa guerra civile che si sarebbe sommata a quella con l’Ucraina. Dopo il “trauma” subito con il crollo dell’Unione sovietica per il capo del Cremlino questo è il momento più difficile del suo lungo dominio che egli vorrebbe prolungare fino al 2036.
Come succede a quasi tutti gli autocrati, viene sempre un momento in cui non riescono più a controllare le diverse fazioni che si annidano all’ombra del loro potere assoluto e che cerano di tenere a bada usando l’aurea regola romana del divide et impera. Quel momento coincide quasi sempre con disavventure militari le cui responsabilità vengono fatte ricadere sugli uomini di fiducia del “capo”.
Il gioco è scappato di mano a Putin. Si è avventurato nella guerra in Ucraina contro il parere di chi sapeva come stavano le cose, quel Sergey Yevgenyevich Naryshkin capo dell’SVR, l’intelligence esterna di Mosca, pubblicamente umiliato e costretto a ritirare le sue obiezioni all’invasione dell’Ucraina. Quando la resistenza ucraina ha bloccato la guerra lampo e dimostrato che l’esercito russo era invincibile solo per i propagandisti del regime o per esperti come il prof. Orsini…., Putin ha cominciato a tagliare teste: generali dimissionati dalla sera alla mattina, dirigenti dell’intelligence mandati in pensione o altro.
Chiuso nel suo bunker mentale lo zar ha cercato sostegno nei tagliagole ceceni di Kadyrov e in quel Prigozhin capo dell’unica potente organizzazione paramilitare ben addestrata e organizzata, la Wagner, formata da mercenari che non rispondono ai vertici con le stellette ma al loro capo indiscusso l’ex “cuoco” dello zar. Ha messo Kadyrov e Prigozhin l’uno contro l’altro affinché alla fine obbedissero ciecamente a lui.
Mai si sarebbe aspettato che proprio dal “migliore” e dalle truppe d’eccellenza della Wagner venisse quella che Putin ha definito una pugnalata alla spalle. Con cui ora sta facendo i conti per tentare di sopravvivere a un caos creato dalla sua scellerata invasione dell’Ucraina.